Franco Marini è il primo di sei figli, suo padre Loreto, figura centrale della sua vita, emigra presto in Argentina per mantenere la famiglia e forse complice questa condizione di figlio di un operaio fa sì che Marini intraprenda, contestualmente all’università, la carriera da sindacalista. Una carriera che diventerà una vera e propria missione vista l’abnegazione con la quale la condurrà e che gli permetterà anche di fare quel salto alla politica che spesso si è rivelato sciagurato per i sindacalisti, ma si sa, ogni regola vuole la sua eccezione.
Marini è stato il leader assoluto della Cisl per sei anni, dal 1985 al 1991 e questo suo ruolo, di fatto, ha rappresentato un trampolino di lancio che gli ha permesso di far conoscere il proprio valore e di stringere un forte legame con Carlo Donat Cattin che lo reputerà quasi come un figlio tanto da lasciargli in eredità la propria corrente politica, Forze nuove nella democrazia cristiana, ma non solo; infatti a 58 anni Marini sarà anche ministro del Lavoro.
Portato a termine quell’incarico la carriera politica di Marini si snoda fra Dc, Margherita e infine Pd e pur mutando colore politico mantiene ben sempre chiara la sua identità fortemente centrista. Questa continuità lo porterà nel 2006 ad essere riconosciuto dal Pd come la figura giusta per essere candidato alla presidenza del Senato, che otterrà con un margine ristrettissimo, 9 voti, sull’eterno Giulio Andreotti che il centrodestra aveva scelto come avversario.
Dunque il lupo marsicano, soprannome dato a Marini tanto per le origini abruzzesi quanto per il temperamento forte, oggi rappresenta il candidato che potrebbe unire trasversalmente Pd e Pdl viste le sue doti di equilibrio ed imparzialità messe in evidenza nel periodo di presidenza del Senato. Inoltre, almeno a livello iconografico, ricorda uno dei presidenti più amati della storia italiana Sandro Pertini, basti pensare alla pipa, le giacche a quadretti, l’atteggiamento burbero anche se forse è un paragone, a tutt’oggi, troppo azzardato visto quello che Pertini ha rappresentato e rappresenta per il paese.
Dunque un uomo tutto d’un pezzo Marini, anche se quest’aura di integrità e correttezza nel 2007 ha rischiato di incrinarsi; infatti il suo nome, come quello di tanti altri, figurava nell’elenco degli indagati per Affittopoli. Il suo appartamento dell’Inps ai Parioli, zona chic di Roma, era stata la pietra dello scandalo, ma Marini in quella circostanza aveva tuonato la sua innocenza, accogliendo addirittura i giornalisti in casa con questa frase “un milione di euro per un piano rialzato e uno scantinato vi sembrano pochi? Sono indignato, anzi no sono proprio incazzato”.
Questo eccesso d’ira però è una eccezione nel comportamento di un uomo che si è contraddistinto in politica per la pazienza, la capacità di mediare e persino il silenzio, parola quest’ultima cara a Carlo Donat Cattin che disse “è uno che uccide con il silenziatore” perché, effettivamente, da buon lupo marsicano attacca improvvisamente e senza far notare il suo arrivo, un po’ come accade quando aiutò D’Alema a raggiungere lo scranno di Palazzo Chigi anche al prezzo della caduta di Prodi.
Adesso sembra essere arrivato il suo turno, nell’anno più difficile che di fatto lo ha visto estromesso dal Parlamento, potrebbe toccargli la più alta carica dello Stato anche se non sono esclusi colpi di scena a riguardo, bisognerà prima fare i conti con i franchi tiratori che possono rappresentare l’ago della bilancia di questa delicata stagione politica.
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