Vietti spinge verso l’approvazione del filtro di ammissibilità, attaccando, parallelamente, lo status quo dell’ordinamento giudiziario. Secondo il vicepresidente del Csm, infatti, la delazione dei procedimenti produce alcuni effetti catastrofici nell’applicazione delle leggi e soprattutto nell’emanazione di sentenze in tempi congrui. “Da una parte – sottolinea Vietti – si reagisce con la resistenza culturale di alcuni giudici e avvocati verso un cambiamento di mentalità e dall’altra con l’opposizione di chi dalle attuali lungaggini delle cause trae benefici, lucrando sui ritardi“.
Sarebbe un duplice fenomeno, dunque, a consentire al sistema di perpetuarsi nella sua macchinosità e nella sua bassa efficienza: il conservatorismo di alcune toghe e gli interessi particolari dei soggetti coinvolti a titolo personale o professionale. “Lo studio recente della Banca d’Italia – cita, a questo proposito, Vietti – ha messo in evidenza lo stato disastroso della nostra giustizia civile e le sue gravi ricadute sull’economia”.
Ecco, dunque, che per rendere efficiente un sistema elefantiaco si rende necessario qualche rimedio che assicuri “buoni risultati in termini di durata delle cause e di affidabilità delle decisioni”. E qui parte l’arringa di Vietti a difesa del filtro in appello, capitolo cruciale del decreto sviluppo in approvazione proprio in queste ore. “Non si propone di abolire l’appello – chiarisce il vicepresidente Csm – ma se ne vuole strutturare la funzione in modo più razionale e funzionale”.
A suffragio della proposta, Vietti nel suo intervento snocciola alcuni dati interessanti sugli ingorghi nelle aule di giustizia. “Pendono presso le Corti d’Appello circa 450mila cause e presso la Corte di cassazione circa 100mila. Non basterebbe raddoppiare il numero dei giudici per soddisfare questa domanda in tempi ragionevoli. Di qui la necessità di prevedere un filtro di ammissibilità preventivo per i ricorsi in Appello e un ancoraggio dell’atto di appello a motivi specifici”. In questo senso va letta, dunque, la proposta avanzata dal ministro della Giustizia Paola Severino, che non sarebbe un ritorno al passato ma una riforma di respiro internazionale.
“Non è una rivoluzione, ma una misura razionale, cui segue anche la riscrittura del n.5 dell’articolo 360 del Codice di procedura civile volta a restituire alla Cassazione la sua funzione di giudice di legittimità e non di merito. L’attuale sistema delle impugnazioni è un lusso – chiude Vietti – che non possiamo più permetterci”. Piena assonanza, dunque, con il Guardasigilli e il suo entourage, comesi evince dalle recenti parole del sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto. Oggi è la giornata cruciale del decreto sviluppo: se dal Parlamento arriverà luce verde, allora anche il filtro in appello cercherà di mettere il turbo alla giustizia italiana.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento