Falsi co.co.co? Trasformazione automatica in tempo indeterminato

Paolo Ballanti 29/11/18
Tempo di dire addio ai falsi contratti co.co.co. Le collaborazioni prive di un progetto specifico devono essere convertite automaticamente in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data della loro costituzione.

Questo il pensiero della Cassazione riportato nella sentenza n. 28516/2018, riguardante una controversia sorta tra un call center e la Direzione provinciale del lavoro di Milano a seguito di un verbale di quest’ultima, con cui erano stati contestati diversi illeciti amministrativi riferiti a contratti a progetto stipulati con settantanove operatori dal 1° gennaio 2003 al 16 maggio 2007.

I contratti erano stati conclusi in vigenza della cosiddetta “Riforma Biagi” (Dlgs. n. 276/2003), secondo cui, articolo n. 69, i rapporti di “collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso” sono considerati sin dall’inizio contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La Suprema Corte nell’accogliere il pensiero della Corte d’appello e (prima di essa del Tribunale) afferma che l’articolo 69 citato dev’essere interpretato nel senso che quando il rapporto di co.co.co. è instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, non è necessario che gli ispettori svolgano accertamenti tesi a stabilire se il contratto si è svolto o meno secondo i canoni della subordinazione, ma possono ricondurlo automaticamente ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La sentenza della Cassazione è comunque un’occasione per approfondire la normativa in materia di lavoro a progetto, anche nell’ottica di eventuali controversie giudiziarie ancora in corso, sebbene questa tipologia contrattuale sia stata da tempo abrogata, come meglio specificato di seguito.

Leggi anche “Nuovo contratto a termine, cosa cambia: chiarimenti dal Ministero”

Contratto co.co.co: la normativa prima della Riforma Fornero

La materia su cui si è pronunciata la Suprema Corte è quella declinata dal Dlgs. n. 276/2003 (Riforma Biagi), poi modificata ad opera della Legge n. 92/2012 (Riforma Fornero) e definitivamente abrogata dal Jobs Act (Dlgs. n. 81/2015) a partire dal 25 giugno 2015.

Nella sua formulazione originaria ante Fornero (che qui interessa) la Riforma Biagi disponeva che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, dovevano essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in vista del raggiungimento di un determinato risultato. Questi progetti, pur essendo connessi all’attività principale o accessoria dell’impresa, non potevano coincidere totalmente con la stessa o ad essa sovrapporsi.

Il progetto doveva diventare parte integrante del contratto di lavoro ed essere specificato per iscritto.

Leggi anche “Decreto dignità, nuovi contratti al via: ecco le regole”

Contratto co.co.co: il caso dei call center

Per regolamentare l’uso dei co.co.pro. nel settore dei call center (e prevenire un utilizzo fraudolento di questo tipo di rapporto) il Ministero del lavoro con la circolare n. 17/2006 stabiliva innanzitutto che un progetto, programma di lavoro o fase di esso poteva sì essere individuato anche all’interno dei call center, purché lo stesso fosse idoneo a configurare un risultato che l’operatore telefonico assumeva l’obbligo di raggiungere in un tempo prestabilito e con possibilità di determinare in autonomia i ritmi di lavoro.

Il progetto doveva essere legato ad una specifica “campagna” commissionata da un soggetto terzo alla società che gestiva il servizio di call center.

Il contratto era chiamato a specificare:

  • Il committente che aveva incaricato il call center di curare la campagna di marketing;
  • La durata della campagna rispetto alla quale il lavoro a progetto non poteva mai avere una durata superiore;
  • Il tipo di attività richiesta al collaboratore all’interno della campagna (sondaggi, promozioni ecc…);
  • I prodotti o i servizi oggetto dell’attività di marketing / sensibilizzazione del collaboratore;
  • La tipologia di clientela da contattare.

Solo in considerazione dei requisiti citati, era configurabile un contratto a progetto nel settore dei call center, perché riferito alle campagne cosiddette “out bound” in cui il collaboratore si impegnava a contattare, in un tempo predeterminato, la clientela di un prodotto o di un servizio riconducibile ad un soggetto terzo (il committente).

In tema di lavoro e precariato, LeggiOggi consiglia questo volume:

Decreto Dignità: nuove regole per il contrasto al precariato

Soluzioni di Diritto è una collana che offre soluzioni operative per la pratica professionale o letture chiare di problematiche di attualità. Uno strumento di lavoro e di approfondimento spendibile quotidianamente. L’esposizione è lontana dalla banale ricostruzione manualistica degli istituti ovvero dalla sterile enunciazione di massime giurisprudenziali. Si giunge a dare esaustive soluzioni ai quesiti che gli operatori del diritto incontrano nella pratica attraverso l’analisi delle norme, itinerari dottrinali e giurisprudenziali e consigli operativi sul piano processuale. Il volume esamina nel concreto il contenuto e la portata delle modifiche introdotte dal nuovo Governo, con l’obiettivo di combattere il lavoro precario e di restituire con ciò ai lavoratori subordinati la “dignità” asseritamente perduta. Lo scopo del lavoro è quello di porre gli operatori del settore nelle condizioni di dare a tali novità normative la più corretta e proficua applicazione. L’Autore pone dunque alcuni interrogativi e fornisce ad essi risposte che consentono, per quanto possibile, di recepire al meglio il nuovo regime giuridico. Il principale responsabile della progressiva mancanza di stabilità dei rapporti di lavoro subordinato, e conseguentemente della (ritenuta) situazione di sudditanza e precarietà in cui si è venuta a trovare parte della popolazione, è stato individuato nella disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato, sul quale effettivamente più frequenti ed incisivi sono stati gli interventi del Legislatore negli ultimi anni. È quindi proprio sulla modifica della disciplina normativa del lavoro a termine, sia nella sua forma “diretta” (vale a dire l’assunzione del lavoratore da parte del soggetto che, in qualità di datore di lavoro formale e sostanziale, effettivamente ne utilizza la prestazione lavorativa) sia nella forma della somministrazione di lavoro (e quindi attuata mediante l’assunzione da parte di un’agenzia per il lavoro, che assume la veste di datore di lavoro formale e che poi provvede a somministrare il lavoratore al soggetto che effettivamente ne utilizza la prestazione lavorativa e che assume la veste di datore di lavoro sostanziale), che il “Decreto Dignità” concentra i propri interventi di maggiore respiro. Luigi Andrea CosattiniAvvocato in Bologna, si occupa di diritto del lavoro, diritto civile e commerciale e diritto tributario. È autore di diverse pubblicazioni su riviste a diffusione nazionale, nonché relatore in numerosi convegni. Da aprile 2015 è Presidente dell’AGER (Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna, sezione regionale dell’AGI, Avvocati Giuslavoristi Italiani).

Luigi Andrea Cosattini | 2018 Maggioli Editore

18.00 €  17.10 €

Paolo Ballanti

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento