A sentire le parole indignate del premier Renzi e di tutto l’arco di maggioranza, la reazione delle istituzioni all’ennesimo esempio di malaffare tra pubblico e privato avrebbe dovuto essere severissima: l’Italia non può permettersi di perdere la faccia, il mondo ci guarda e dobbiamo dimostrare trasparenza e rigore al pari dei maggiori standard internazionali. Insomma, abbiamo sgarrato anche troppo fin a oggi. E invece, a pochi giorni dalla contrita visita del premier nella capitale del Nord, ecco che il Parlamento licenzia a colpi di fiducia le “misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”. Già dal nome, vista la bufera in atto, dovrebbe saltare la mosca al naso. Ma la vera sorpresa è contenuta all’articolo 13 “Disposizioni urgenti per Expo 2015”. Al comma 2, infatti, è inserita una norma che appare l’esatto opposto dei proclami legalitari degli ultimi giorni, rilasciati, in primo luogo, dallo stesso presidente del Consiglio.
Nello specifico, infatti, viene sancita la deroga agli articoli 26 e 30 del Codice degli appalti, inerenti, il primo, i contratti di sponsorizzazione e, il secondo, le concessioni di servizi. Proprio per queste ultime, il Testo unico degli appalti prevede che nella concessione di servizi al vincitore vada riconosciuto sia il diritto di gestione, sia lo sfruttamento economico del servizio stesso. Nella fattispecie, però, il Codice stabilisce che il concessionario vada identificato secondo “principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti”.
Una disposizione che viene dunque meno per gli appalti in concessione di servizi erogati nell’ambito Expo, e tutto ciò mediante una scarna previsione, quasi una postilla, nel Piano casa. Una deroga completa, dunque, non solo ai criteri di selezione, ma anche al ricorso a meccanismi a favore della libera concorrenza e della trasparenza, di cui, visti i recenti sviluppi, si sente il bisogno come l’aria. Non certo il miglior viatico per contrastare le infiltrazioni criminali nelle maglie dell’Expo, che fanno gola a tanti per il volume di denaro in movimento e le numerose opere in via di realizzazione sotto commessa pubblica.
Nei giorni scorsi, l’assoluta gravità delle vicende attorno all’Expo ha reso necessario commissariare di fatto l’evento, ponendolo sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, guidata ora dal magistrato anticamorra Raffaele Cantone. Quest’ultimo, però, è stato chiaro: senza adeguati strumenti, impossibile vigilare sulla correttezza delle procedure. E mentre si ragiona, in proposito, di varare un decreto urgente per dotare Cantone di poteri speciali sui controlli in chiave Expo, il Parlamento approva questa legge, che da una parte snellisce i tempi di svolgimento delle gare e dall’altra non può che complicare ulteriormente il lavoro dei garanti. “Lo Stato è più forte dei ladri”, ha detto ieri il premier Matteo Renzi in visita a Milano: certo, per dimostrarlo, però, si prendono sempre le vie più tortuose.
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