Tante le domande che negli ultimi mesi sono rimaste senza risposta. Interrogativi spesso alquanto scomodi, se si pensa che dalla loro risposta dipenderà il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori impegnati nella pubblica amministrazione.
Molti sono stati i documenti o le leggi approvate nell’ultimo anno, per scandire un processo ancora non avviato e che promette di riservare ulteriori e spiacevoli sorprese ai diretti interessati. Questi ultimi, del resto, si sono accorti già da lungo tempo quanto l’indecisione e il tentennamento delle istituzioni su più livelli possa incancrenire una situazione ancora tutta da sviluppare nei suoi esiti più profondi già annuciati, rivisti, poi avviati e ora in attesa di definizione.
Negli ultimi giorni, poi, a complicare ulteriormente la situazione è arrivata la nuova pronuncia della Corte dei conti, la quale ha confermato ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno per gli addetti ai lavori, come la riforma Delrio approvata dodici mesi or sono non abbia portato ad alcun beneficio sul fronte dei conti pubblici. Un quadro che la legge di stabilità, strappando un miliardo dalla dotazione delle Province, ha peggiorato sensibilmente, con gli enti rimasti a dover ricoprire le funzioni ancora non riassegnate a enti regionali o ai Comuni.
Ma perché questo stallo che pare infinito?
La situazione attuale è frutto di una lunga serie di ritardi e inadempienze, che pendono più sul capo delle Regioni che non delle Province stesse, le quali comunque corrono il rischio di essere additate agli occhi della popolazione come le istituzioni restie al cambiamento in atto.
Non è così, o almeno al netto delle dichiarazioni e soprattutto dei documenti ufficiali, che attestano come la responsbailità dei ritardi sia da imputare in primo luogo proprio agli enti che delle Province dovrebbero finire per assorbire molte delle responsabilità amministrative. Basti pensare, ad esempio, che già lo scorso 8 luglio 2014 le Regioni avrebbero dovuto rispettare una scadenza molto importante, con la definizione di quei compiti non fondamentali da relegare alle nuove province, o comunque da riassegnare nel contesto della nuova sussidiarietà post legge Delrio.
Dall’altro lato, però, anche il governo non scherza in quanto a ritardi. In particolare, sono due i decreti ministeriali che ancora l’esecutivo non ha varato nell’ambito della riorganizzazione amministrativa degli enti: da una parte, le linee guida per la mobilità da applicare nel personale amministrativo, e l’altro, più di contorno, che stabilisca i criteri per gli spostamenti tra aree di soggetti diversi nella sfera della PA.
Naturalmente, a fronte di questo sfondo ancora molto lacunoso, le Province hanno deciso di aspettare per varare gli elenchi del personale in esubero che avrebbero dovuto stilare entro lo scorso 1° marzo secondo quanto stabilito dalla circolare sul personale negli enti pubblici firmata dal ministro Madia lo scorso gennaio.
Nel frattempo, nubi nerissime si addensano sugli enti provinciali, con voci – poi smentite dallo stesso ministro – sulle mancanti coperture per gli stipendi. Certamente, la situazione non è rosea, con l’unica indicazione certa al momento riguardo i tagli del 50% di personale alle Province e del 30% per le neonate Città metropolitane.
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