Di Roberto Savelli
L’onda lunga degli effetti dei disastri naturali causati dal cambiamento climatico in corso e un processo disordinato di decarbonizzazione, su cui tutti i Paesi industrializzati sono al lavoro (Italia compresa), sono i due fattori che possono minare la stabilità del sistema economico e provocare delle perdite per quello bancario-finanziario.
Per questo motivo, è necessario che gli istituti di credito valutino con la massima attenzione la loro esposizione al rischio fisico legato al clima e incentivino maggiormente la sostenibilità del Pianeta, con i loro investimenti e con la concessione di mutui e prestiti alla clientela.
Senza trascurare il fatto che il sistema bancario, nel suo ruolo di mediatore di risparmi e investimenti di imprese e famiglie, lo rende potenzialmente in grado di amplificare le conseguenze negative di eventi avversi legati ai cambiamenti climatici e alla transizione energetica e green necessaria per abbattere le emissioni inquinanti.
Indice
Perché le ESG sono un fattore chiave
A questo proposito, anche se non recentissima, è sempre utile rileggere la “lezione” contenuta in un white paper (scaricalo qui) pubblicato dalla Banca d’Italia che, indirettamente, tocca l’argomento delle ESG (Environmental, Social, e Governance), le tre dimensioni fondamentali per verificare, misurare, controllare e sostenere (con acquisto di prodotti o con scelte di investimento) l’impegno in termini di sostenibilità di un’impresa o di un’organizzazione.
Un argomento oggi quanto mai attuale e sul quale si va confrontando il mondo del credito sia in Italia che all’estero. Informazioni su ESG e finanza sostenibile per banche e società finanziarie sono state fornite anche da Save Consulting in questo articolo.
Lo studio, dal titolo “Bank exposure to climate-related physical risk in Italy: an assessment based on AnaCredit data on loans to non-financial corporations”, fornisce una valutazione dell’esposizione al rischio fisico derivante dal cambiamento climatico dei prestiti delle banche italiane alle imprese non finanziarie.
“Sulla base di dati granulari sui prestiti e sulla probabilità di eventi legati al clima – scrivono gli autori Giorgio Meucci e Francesca Rinaldi -, quantifichiamo in che misura il rischio fisico potrebbe compromettere i portafogli prestiti sia riducendo la capacità di pagamento dei mutuatari sia diminuendo il valore delle garanzie”.
Banche, sostenibilità e mercato del credito
In sintesi, l’analisi di Bankitalia ci offre alcuni spunti su cui riflettere sul tema sostenibilità-mercato del credito, con il ruolo che le banche possono ricoprire nell’incentivare e accelerare su investimenti che salvaguardino l’ambiente. Così come la fotografia scattata dalla Banca d’Italia apre uno squarcio su quanto istituzioni pubbliche locali e nazionali debbano ancora fare per la sicurezza del territorio in primo luogo; per le politiche ambientali che affrettino la transizione green, in secondo luogo; e infine politiche industriali che spingano la transizione digitale e l’abbattimento delle emissioni inquinanti.
La pubblicazione di Via Nazionale sottolinea che circa un quarto dei prestiti alle imprese è verso aziende localizzate in province ad alto rischio fisico per potenziali danni causati dal cambiamento climatico.
Di questi, il 58% è coperto da garanzie, che potrebbero a loro volta essere esposte allo stesso rischio fisico dei finanziamenti; la quota di copertura si riduce al 38% se si considerano le sole garanzie personali. L’analisi a livello comunale mostra che l’incidenza dei prestiti esposti al solo rischio alluvionale e a quello di frane è pari al 3% e all’8% rispettivamente.
Rischi climatici per la stabilità della finanza
Com’è noto, nel settore finanziario i rischi climatici rientrano in due grandi ambiti: da un lato, ci sono i rischi fisici; dall’altro, ci sono i rischi di transizione.
Più in dettaglio, il rischio fisico è legato al verificarsi di fenomeni naturali estremi provocati dal cambiamento climatico: si va dall’innalzamento delle temperature a episodi acuti, come per esempio un’alluvione. Il rischio di transizione deriva dal passaggio a nuovi sistemi di produzione e consumo di energia che consentono di diminuire le emissioni di gas serra.
“Le stesse politiche di contrasto ai cambiamenti climatici – osserva la Banca d’Italia – possono quindi essere fonte di rischio, in particolare se non pianificate e incoerenti. Variazioni repentine o inattese delle politiche climatiche (come limiti regolamentari all’uso delle fonti fossili o altri sistemi che penalizzano le emissioni) possono cogliere impreparate le imprese operanti nei settori economici più esposti, con potenziali ripercussioni sulla loro attività e su quella dei soggetti ad esse collegati”.
Monitoraggio e informazioni per non sottovalutare i rischi
Quali insegnamenti possiamo trarre dallo studio sull’esposizione delle banche al rischio fisico legato al clima? Senza ombra di dubbio, anzitutto, possiamo rimarcare il fatto che, senza un adeguato monitoraggio e una prudente gestione, questi rischi possono aumentare le vulnerabilità del sistema finanziario e amplificare le loro ripercussioni tanto sul sistema finanziario quanto più sull’economia reale.
In secondo luogo, c’è da osservare che, come spiega la Banca d’Italia, monitoraggio e gestione richiedono, a loro volta, informazioni precise e accurate sulle esposizioni dei soggetti affidati ai rischi climatici (per esempio, la collocazione geografica delle garanzie, oppure l’ammontare dei prestiti erogati ai settori più esposti alla transizione).
Terzo, c’è da notare che, senza informazioni e metodi di analisi idonei a valutare sia l’ammontare di esposizioni sia la probabilità che si manifestino eventi naturali avversi, le banche e le società finanziarie corrono il pericolo di sottovalutare i rischi legati al clima nella concessione di mutui e prestiti.
Una gestione del rischio più efficace può trarre grande vantaggio dall’utilizzo di tecnologie avanzate per la raccolta e l’analisi dei dati. In questo quadro, come illustrato nel seguente collegamento, l’applicazione dell’intelligenza artificiale nel settore bancario e finanziario si rivela uno strumento indispensabile per affrontare tali sfide.
La necessità di una serie di dati granulari
“Valutare l’esposizione del sistema finanziario al rischio fisico è piuttosto complesso e richiede una serie di dati granulari – conclude il white paper di Bankitalia -.
Data la natura di eventi come inondazioni, frane e siccità, è necessario tracciare in dettaglio sia la rilevanza di queste fonti di rischio sia la distribuzione geografica delle esposizioni finanziarie delle banche. La valutazione dell’esposizione dipenderà quindi dalla probabilità e dall’intensità dei rischi fisici legati al clima e dall’esposizione dei mutuatari a tali pericoli”.
In tal senso, primo di una serie di interventi tecnologici che Save Consulting intende sviluppare, nella Suite TigreArm, vi è già l’apertura per i rischi climatici ed ambientali granularmente suddivisa su più livelli (Mondo, Nazioni e Provincie) sulla base delle esposizioni prodotte nei sistemi di reporting già in vigore.
Le politiche creditizie connesse
Collegato a quanto precede vi sono poi le strategie che le banche stanno/dovranno adottare nel ridefinire i loro piani strategici ed in particolare sulla politica creditizia che le stesso vorranno affrontare in termini di stimolo alla transazione ambientale verso le imprese industriali che si troveranno ad affrontare scelte ed investimenti rilevanti nel prossimo futuro.
Scelte, per altro suggerite anche in vari documenti dell’Autorità Bancaria Europea (Eba) ed in particolare sugli orientamenti Eba/GL/2020/06.