Si tratta, infatti, di “soli” 36 milioni di euro entro la fine dell’anno, che dovrebbero essere incanalati nel Fondo sociale per l’occupazione del Ministero del Welfare tramite un’apposita posta di bilancio. L’obiettivo sarebbe quello di assicurare un certo sussidio a coloro ancora sprovvisti dell’adeguata contribuzione in seguito all’ammissione alla salvaguardia.
Come noto, infatti, tra le ultime comunicazioni dell’istituto di previdenza, figurano anche gli “stati dell’arte” sulla soluzione del problema esodati, un metodo fortemente voluto dal nuovo ministro Enrico Giovannini per tenere aggiornato il calcolo dei “rientranti” all’interno del sistema previdenziale.
I dati, però, sono tutt’altro che confortanti: a un anno dal primo decreto salva esodati, infatti, sono soltanto 12mila le pensioni erogate, a fronte di 130mila situazioni prese in carico dallo Stato e di altre 200mila invece ancora insolute.
Un quadro che richiederebbe ben altri esborsi economici da parte dello Stato, con la Ragioneria generale aveva quantificato la copertura completa per il dramma degli esodati in oltre 10 miliardi di euro, valutandola troppo esosa per le casse pubbliche e spingendo, così, i vari governi ad adottare rimedi circoscritti in serie.
Un altro dato interessante emerso dai rendiconti dell’Inps, in aggiunta, riguarda le “eccedenze” di posizioni che rimangono aperte rispetto a quelle originariamente decretate. Ad esempio, nel primo testo che apriva le porte a 65mila non salvaguardati, oltre 3mila accessi non sono stati assegnati. Una media che, se confermata anche dai due successivi decreti, potrebbe lasciare in dote un “tesoretto” da reinvestire per tutelare nuovi casi di esodo.
Anche a questo proposito, allora, il Fondo che verrà rimpinguato di 36 milioni extra, potrebbe essere utilizzato per coprire ulteriori posizioni ancora scoperte dopo gli ultimi 10.130 tratti in salvo con la legge di stabilità.
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