Come noto, i provvedimenti in materia di esodati sono stati – principalmente – tre: il primo decreto interministeriale dello scorso giugno, il capitolo apposito inserito in spending review e, da ultimo, l’ultimo salvagente gettato con l’emendamento alla legge di stabilità 2013.
Purtroppo, la casistica sui cosiddetti “non salvaguardati” è talmente ampia, con innumerevoli situazioni anche diversissime tra loro, che non ha certo consentito di velocizzare l’iter di effettività delle norme, obbligando gli enti a esaminare praticamente domanda per domanda.
A ciò, si aggiunga che, se 130mila unità sembrano una folla enorme, in realtà potrebbero non coprire neanche la metà degli esodati complessivi, i quali, secondo i sindacati e anche la stessa Inps, ammontano a svariate centinaia di migliaia di unità.
Questo esercito di dimenticati dal welfare è stato generato non solo dalla riforma Fornero sulle pensioni, ma anche dalla precedente legge Sacconi, che hanno rivisitato i criteri per l’età pensionabile, esponendo numerosi contribuenti all’incertezza previdenziale.
Partiamo dal primogenito, il decreto interministeriale varato il 1° giugno 2012. Nonostante la “anzianità” del provvedimento, ancora oggi non sono state compiute tutte le tappe per una sua piena attuazione e, soprattutto, per assicurare la pensione ai 65mila esodati cui offriva riparo.
Dopo un avvio accelerato, in cui la previdenza sperava di chiudere le pratiche addirittura entro il mese di settembre, si è creato l’impasse dovuto alla situazione particolare di un gruppo di non salvaguardati, obbligati alla presentazione di una richiesta ad hoc alle Direzioni territoriali del Lavoro.
Questa fermata imprevista, oltretutto, consentiva, a quei lavoratori le cui domande fossero state respinte, di avanzare un ricorso nell’arco di un mese, allungando, così, i tempi a ridosso del periodo natalizio.
Lunedì 7 gennaio, al Ministero del Welfare, è partito quello che dovrebbe essere lo screening finale, che rispedirà i risultati alla banca dati dell’Inps, per arrivare, finalmente, alla conclusione degli interventi preparatori.
Impossibile, comunque, fare previsioni esatte sul momento esatto dell’erogazione dei trattamenti, tanto è vero che, fino ad aprile, l’accesso alla previdenza sarà sostanzialmente bloccato per via dei tre mesi di incremento della speranza di vita, entrati in vigore dallo scorso primo gennaio.
Il secondo documento pro-esodati, come detto, era stato inserito tra le tante voci della spending review. Di portata quasi equivalente al suo predecessore, la seconda scialuppa di salvataggio, era rivolta ad altri 55mila “dimenticati” dal welfare italiano.
Dopo un avvio stentato, con il decreto attuativo giunto solo il 5 ottobre, a ridosso della scadenza dei 60 giorni, c’è stato un ulteriore rallentamento in Corte dei Conti, nei cui cassetti il documento è rimasto sigillato fino alla scorsa settimana.
Uscito dalla magistratura contabile, infine, il 9 gennaio 2013, si attende che il decreto approvi finalmente in Gazzetta Ufficiale. Destinatari di questo secondo, ma tormentato, intervento a favore dei non salvaguardati, in special modo coloro che abbiano stipulato accordi privati, in Cassa integrazione, in mobilità o, ancora, i contributori volontari che non siano stati riassunti nei mesi successivi all’entrata in vigore della riforma Fornero.
Insomma, ritardi e tortuosità burocratiche hanno reso la tutela per gli esodati un’odissea amministrativa, con tantissimi tra i diretti interessati, ancora in attesa di scoprire il proprio destino.
E’ il caso, ad esempio, dei dipendenti delle Regioni: da una parte, le Direzioni territoriali del Lavoro stanno respingendo le loro domande, dall’altra, invece, l’Inps aveva richiesto agli enti una mappatura per uniformare la condizione dei lavoratori delle Regioni agli esodati statali tout court.
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