Sul fronte della riforma delle pensioni, l’ipotesi che va per la maggiore è quella che prevede il ritiro anticipato dall’occupazione anche a 62 anni di età e 35 di contributi – dunque con minimo 3 anni rispetto alla normativa attuale – con l’introduzione, però, del taglio di almeno 1,5 volte l’assegno sociale previsto. Insomma, si apre una finestra per chiudere la propria carriera professionale, ma il prezzo da pagare è alto. Allo stesso modo, la misura dovrebbe trovare un contrappeso nel pacchetto di incentivi previsti nei confronti di chi, invece, sceglierà la via opposta, con il bonus nella mensilità previdenziale per ogni anno lavorato in più. Da ultimo, per gli irriducibili della scrivania, si sta vagliando anche la possibilità dell’addio soft al posto di lavoro, volgendo il proprio rapporto da tempo pieno a part time, e favorendo, in questo modo, l’ingresso di nuovi giovani come apprendisti o, ancor meglio, con rapporti a tempo indeterminato.
Questo, il quadro – ancora da discutere – della prima bozza di proposta che vede accorpate le due anime, quella dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, esponente Pd e presidente della Commissione competente alla Camera dei deputati, e, naturalmente, del successore di Elsa Fornero, Enrico Giovannini. Ma il progetto di riordino della riforma pensioni, principale responsabile della falla esodati, ha già convinto un altro sponsor di primissima fascia, se è vero che, giusto ieri, il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua si è detto convinto che il sistema messo in cantiere avrebbe un’entità sopportabile per le casse dello Stato.
E proprio sul problema esodati, l’Inps, seppure a rilento, continua negli esami delle proposte, con il primo resoconto pubblicato a seguito dell’insediamento del nuovo ministro. A questo proposito, sempre nella giornata di ieri, Giovannini ha confermato al Senato che, dei 65mila salvaguardati previsti con il primo dei tre decreti, i 3mila ancora scoperti verranno reintegrati nelle successive operazioni di tutela, che dovrebbero portare al salvataggio di 130.130 ex lavoratori senza pensione.
Resta, comunque, il fatto che il numero dei lavoratori già ammessi al trattamento pensionistico superi di poco le 7mila unità, dunque ben lontano dalle cifre già messe in preventivo. Gli esclusi, ha spiegato il ministro, dovranno attendere ancora “non perché l’Inps sia in ritardo rispetto al trattamento degli altri casi, ma perché si tratta di salvaguardati che andranno in pensione progressivamente”.
A tal proposito, Giovannini ha messo in guardia di non confondere quelli comunemente denominati “esodati” dagli altri invece “esodandi”, “cioè persone che in futuro si troveranno in questa condizione”. In aggiunta, si trovano anche i cosiddetti “bloccati”, ossia coloro che “sono destinati a perdere il posto di lavoro e non avranno ancora maturato i requisiti per la pensione”.
Insomma, una pluralità di casi e di situazioni che, a parere di Giovannini, richiede una revisione mirata del sistema, che trova nella flessibilità di uscita dal mondo del lavoro un primo, importante appiglio per prevenire ulteriori, e potenzialmente irreversibili crisi previdenziali. Si tratta, ha detto il ministro di “un disegno del sistema che va modellato in modo molto attento, per le implicazioni sia sulle persone sia sugli elementi finanziari di sostenibilità del sistema.”
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