Sono passati ormai due anni dal primo decreto che cercò di riportare la massa di lavoratori esclusi dalla pensione dentro le cure del sistema welfare, a seguito della riforma Fornero che, ancora oggi, continua a suscitare un mare di polemiche.
Secondo le stime della previdenza, infatti, sulle posizioni aperte in salvaguardia dovrebbero ammontare, in tutto, a 162.130, se si mettono insieme tutti i provvedimenti adottati tra 2012 e 2013, a fronte di pensioni erogate che, secondo l’ultimo rendiconto Inps di inizio marzo, erano ferme a 32.227 per il primo decreto, e circa 5mila se si sommano quelli seguenti, dunque appena all’inizio della serie di assegni da erogare.
Insomma, per quanto possano essere aumentate negli ultimi due mesi, siamo ancora ben lontani dalla copertura completa delle istanze accolte oppure solo avviate, per opera dei diretti interessati, i quali hanno sottoposto il proprio caso alle direzioni territoriali, prima di chiedere un responso definitivo all’istituto di previdenza sociale.
Nello specifico, la seconda previsione di tutela per i lavoratori aveva incluso 40mila dipendenti finiti nelle riserve a causa delle eccedenze occupazionali del proprio luogo di lavoro, ma di loro due mesi fa solo seimila erano stati conteggiati tra i sicuri pensionati.
C’è, poi, l’ultima salvaguardia, quella avviata con la recente legge di stabilità, che ancora è nel pieno delle procedure di riconoscimento e di autorizzazione alla pensione: il 27 febbraio sono infatti scadute le domande per l’ammissione al trattamento, che andranno divise tra licenziati ed esonerati, in gran parte.
Resta, comunque, una piaga ancora insoluta nel sistema di protezione sociale dello Stato, che il governo no ha ancora fissato per la soluzione nella sua agenda mensile.
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