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Avvocato, l’opinione pubblica ci sembra divisa: in molti esultano per la liquidazione della Spa, altri, invece, piangono…
La realtà è che, dopo l’approvazione del recente decreto fiscale, abbiamo due enti molto simili e allo stesso tempo diversi: Equitalia e Agenzia delle Entrate-Riscossione. Entrambi i soggetti sono controllati dall’Agenzia delle Entrate, ma il primo è una società privata, il secondo un ente pubblico economico. Il tutto sta creando non pochi problemi.
Che tipo di problemi?
Facciamo il punto della situazione. Quando parliamo di Equitalia, ci riferiamo a una società per azioni di diritto privato il cui capitale, però, è pubblico: il 51% è detenuto dall’Agenzia delle Entrate, il 49% dall’Inps. L’ente che sostituirà l’attuale Spa sarà Agenzia delle Entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del ministro dell’Economia e delle Finanze e rientrante nella struttura dell’Agenzia delle Entrate.
È evidente, quindi, che dal punto di vista sostanziale, non cambia tanto: in tutti e due i casi, infatti, l’Agente per la riscossione esattoriale è un soggetto che fa capo all’Agenzia delle Entrate, ieri in veste di socio di maggioranza, oggi struttura madre. Questo significa che, almeno nei rapporti col contribuente, cambierà poco. Anche perché il personale dipendente, quello che troveremo dietro lo sportello o a dirigere le singole sedi territoriali, sarà lo stesso che prima sedeva sulle poltrone della società per azioni.
Sì, ma i problemi?
I problemi sorgono se consideriamo la cosa da un punto di vista formale. Vediamo perché.
Primo: il nuovo Agente per la riscossione, divenendo a tutti gli effetti una Pubblica Amministrazione, ne acquisirà anche i poteri che la legge non aveva esteso a Equitalia. Un esempio su tutti: la possibilità di accedere a qualsiasi banca dati telematica per verificare il possesso, da parte dei contribuenti, di redditi o beni da sottoporre a pignoramento. In sintesi: la fase dell’esecuzione forzata nei confronti di chi non pagherà le tasse sarà più mirata ed efficiente.
Il secondo punto nodale è relativo al personale dipendente. Se per le Spa le assunzioni non sono subordinate a regole specifiche, potendo quindi avvenire a «chiamata diretta», nel settore pubblico non è così: la Costituzione, infatti, subordina qualsiasi reclutamento a un bando di concorso pubblico (secondo la Corte Costituzionale, vale sia per le assunzioni che per le promozioni del personale). La selezione dei migliori ha una sua ratio: garantire l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica amministrazione.
Se si dovessero seguire le norme costituzionali, le più importanti nella gerarchia delle fonti del diritto, con la nascita di Agenzia delle Entrate-Riscossione, i dipendenti dovrebbero essere sottoposti a un concorso.
E invece, come stanno realmente le cose?
E invece non sarà così. Nel decreto fiscale approvato dal Governo leggiamo: «…il personale delle società del Gruppo Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica maturata alla data del trasferimento, è trasferito all’ente pubblico economico (…), previo superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle competenze, in coerenza con i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità».
La «procedura di selezione e verifica» non è un bando pubblico. È evidente, la Costituzione parla chiaro e usa espressamente il nome «bando». Al momento, quindi, non è dato sapere come avverrà questa selezione, con quali criteri di valutazione, eccetera, eccetera. Queste circostanze, invece, in un concorso pubblico vengono elencate nel bando, aperto peraltro a tutti e non solo a una fascia ristretta di persone. Senza criteri precisi di selezione, è possibile quindi fare delle semplici ipotesi di scuola. Ad esempio: chi ci dice come sono avvenute le assunzioni in Equitalia? Sempre ipoteticamente qualcuno potrebbe chiedersi: non si corre il rischio di nomine clientelari, proprio perché non soggette ai controlli pubblici? Del resto era questa la preoccupazione dei padri costituenti quando hanno scritto l’articolo 97 della Costituzione che impone il concorso pubblico.
Davvero non il Governo non ha tenuto conto di questo aspetto?
Il problema è serio, non solo da un punto di vista morale. Le conseguenze che ne derivano sono diverse e preoccupanti. Ecco perché: a un personale teoricamente non preparato e non formato secondo i crismi di un concorso pubblico, avremo accordato gli stessi forti poteri dei funzionari e dirigenti dell’Agenzia delle Entrate. Ci ritroveremo così con soggetti che, da semplici dipendenti di una società privata, saranno diventati, in un solo colpo, pubblici ufficiali.
Ora bisognerà vedere solo se, in quanto ente pubblico economico, al nuovo agente della riscossione si applicheranno le regole sui contratti privati. Un espediente per salvare capra e cavoli, ma che dimostrerebbe che, rispetto a Equitalia, c’è poca differenza se non la possibilità di utilizzare gli stessi poteri dell’Agenzia delle Entrate.
Ci sono altre sorprese?
Sì. Qualcuno potrebbe ritenere tutto questo incostituzionale e, quindi, impugnare le nomine. Esiste il precedente. La stessa cosa è avvenuta poco tempo fa con delle promozioni a dirigenti all’interno dell’Agenzia delle Entrate. Lo scorso anno la Corte annullò quelle promozioni. Proiettando la stessa situazione nei confronti di Agenzia delle Entrate-Riscossione, avremo che, caducati gli organi, cadranno anche i relativi poteri con effetto retroattivo. Di conseguenza non saranno validi nemmeno gli atti e le cartelle firmate e notificate da Agenzia delle Entrate-Riscossione. I guai finiscono qui? Certo che no: l’invalidità delle nomine e, quindi, degli atti provocherà ricorsi dei contribuenti ai tribunali, spese processuali che sosterrà lo Stato e, in caso di soccombenza, mancato recupero dell’evasione fiscale.
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