Enti pubblici, la Corte dei Conti interviene sull’inconferibilità dell’incarico

La Procura regionale aveva chiesto la condanna, del Direttore Generale e del Sindaco di un Comune, al risarcimento del danno cagionato all’Ente in relazione alla nomina nelle funzioni del primo, di un funzionario in (presunta) situazione di inconferibilità dell’incarico e consequenziale  assenza dei requisiti di legge.

La nomina in questione era venuta in essere ad esito di un procedimento di selezione delle candidature pervenute in risposta ad un avviso di ricerca pubblicato dall’Ente medesimo. Segnatamente, secondo la Procura, la nomina sarebbe avvenuta in violazione dell’art. 4 del D.Lgs. 39/2013, che dispone l’inconferibilità degli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali, e degli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, a coloro che, nei due anni precedenti, hanno svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico, ovvero hanno svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, con derivante nullità degli atti di conferimento e del contratto di lavoro stipulato, ai sensi dell’art. 17 del citato D. Lgs. n. 39/2013 e qualificazione di danno delle retribuzioni corrisposte nel corso dello svolgimento dell’incarico.

Il caso di inconferibilità dell’incarico

L’inconferibilità dell’incarico, in sostanza, sarebbe derivata dal fatto che il soggetto, è stato Presidente di un’azienda dei servizi di diritto pubblico, ente pubblico economico, il cui socio di maggioranza assoluta è il Comune. La Procura aveva posto in rilievo che il Sindaco era stato, senza dubbio a conoscenza diretta della situazione d’incompatibilità, avendo egli stesso nominato il coinvolto in entrambe le cariche.

Il Comune aveva avuto “controllo analogo” sull’azienda di cui l’implicato era Amministratore unico, con i compiti gestionali ed operativi previsti dallo Statuto, in quanto aveva esercitato su di essa poteri di indirizzo, vigilanza e influenza decisivi, sia per gli obiettivi strategici, che per le decisioni principali dell’ente, per ciò stesso qualificabile “in house”. L’azienda dei servizi era stata peraltro, regolarmente finanziata dal Comune, come risultava dal bilancio.

Per i motivi esposti, a valutazione della Procura, il soggetto coinvolto non avrebbe potuto ricoprire la carica di Direttore Generale del Comune, in quanto l’art. 4 del D.Lgs. 39/2013, dispone espressamente l’inconferibilità dell’incarico a chi, come lui, nei due anni precedenti ha svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico.

Espressione che comprenderebbe sia gli enti di diritto privato, sia gli enti di diritto pubblico, a condizione che finanziati dall’amministrazione conferente, esattamente come nella fattispecie in osservazione. La Procura, per di più, aveva imputato la condotta illecita dei convenuti a titolo di dolo, inteso come volontà di non adempiere ai propri obblighi di servizio e di consapevolezza della natura illecita dell’attività realizzata, considerata l’elevata qualificazione e preparazione giuridica di entrambi, che avrebbe consentito loro di avere perfetta contezza della trasgressione dell’imposizione di legge.

Nello specifico, il dolo del Direttore Generale sarebbe emerso, altresì, dalla sottoscrizione della dichiarazione di inesistenza di cause di incompatibilità e/o ineleggibilità in sede di presentazione della domanda di partecipazione alla selezione pubblica. Speculare, dunque, la responsabilità del Sindaco, derivante dalla compiuta consapevolezza della circostanza di inconferibilità, dal momento che egli stesso aveva nominato il Direttore Generale, Presidente dell’azienda di servizi in questione.

Significativa in merito è stata la ricostruzione della Sezione, che in buona sostanza ha capovolto la tesi accusatoria. Secondo la Sezione, poiché le ipotesi di incompatibilità e di inconferibilità sono tassative, la condotta, per essere illecita, deve essere posta in violazione di una distinta norma di legge. Norma regolatoria che dunque non può essere delineata in via analogica (ex plurimis, Cass., Sez. 1 civ., 2 febbraio 2016, n. 1949; C.d.S., sez. V, 28 settembre 2016, n. 4009).

Normativa di riferimento

L’art. 4 del D. Lgs. 39/2013, evidenzia che a coloro che, nei due anni precedenti, hanno svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico, ovvero hanno svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico, non possono essere conferiti:

  • incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
  • incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
  • incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell’amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.

Pertanto, la norma disciplina solo i rapporti tra enti privati e amministrazioni pubbliche. A tale conclusione si perviene dunque sulla base dell’interpretazione letterale della norma, ma non meno sulla base di un’interpretazione sistematica.

Dall’analisi testuale si evince in effetti, che il periodo principale disciplina gli incarichi e le cariche svolte “in enti di diritto privato”, ai quali si riferiscono entrambi i periodi successivi coordinati dalla congiunzione disgiuntiva “o” … “o”. A tale precipitato logico si perviene anche analizzando il significato dell’art. 4, co. 1, del D. Lgs. 39/2013, attribuendo alle parole il significato loro appartenente, come definito dallo stesso D.Lgs. 39/2013.

Per inconferibilità si intende di conseguenza, la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che hanno svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato, regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, lett. g).

Per enti di diritto privato regolati o finanziati, si intendono: società e altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l’amministrazione che conferisce l’incarico:

  • svolge funzioni di regolazione dell’attività principale e che comportano, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l’esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione;
  • ha una partecipazione minoritaria nel capitale;
  • finanzia le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici (art. 1, comma 2, lett. d).

Anche attribuendo alle singole parole dell’art. 4, co. 1 del D. Lgs. 39/2013, il significato normativo proprio indicato nell’art. 1 del medesimo D.Lgs., l’inconferibilità è riferibile, ergo, esclusivamente agli enti di diritto privato finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico conferente, e non agli enti pubblici, come definiti dall’art. 1, comma 2, lett. l).

Va conclusivamente precisato che a tale interpretazione è saldamente orientata anche l’ANAC, incaricata della permanente vigilanza sul rispetto delle predette disposizioni, ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. 39/2013.

Pietro Alessio Palumbo

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