Questa, sostanzialmente, la motivazione con cui il TAR Lecce, sentenza n. 929/2011 del 14 dicembre 2011, ha annullato le Linee guida della Regione Puglia in materia di installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, approvate con il Regolamento regionale del 30 dicembre 2010.
In breve, quindi, ad avviso del TAR pugliese vanno dichiarati illegittimi quei Piani di energia regionale qualora escludano (in maniera del tutto aprioristica) la localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili all’interno dei parchi naturali.
Corollario logico di questa impostazione è, dunque, che l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile costituisce di per sé attività di pubblico interesse e di pubblica utilità tale che la valutazione della stessa impone un bilanciamento tra i valori di carattere ambientale e paesaggistico e l’interesse alla produzione di energia pulita.
Ed invero, l’art 12, comma 1, del D.Lgs. 387/2003 non solo considera l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile indifferibile ed urgente ma in più reputa le stesse fondamentali. Sul punto, basti ricordare che la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente costituisce già da tempo un impegno internazionale assunto dall’Italia con la sottoscrizione del cosiddetto “Protocollo di Kyoto” dell’11 dicembre 1997.
Del resto la stessa Direttiva 27 settembre 2001, 2001/77/CE, emanata al fine di incentivare la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, individua tra gli obiettivi che gli Stati membri sono chiamati a conseguire proprio la riduzione degli ostacoli normativi all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili.
In concreto, dunque, stante il particolare regime di favor riconosciuto agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non sono ammissibili aprioristiche interdizioni anche nelle ipotesi in cui le opere ricadano in aree di particolare pregio ambientale e paesaggistico.
Non sarà sufficiente, quindi, una motivazione di diniego che rimandi ad assunti e non riscontrati valori ambientali e paesaggistici.
Del resto tale conclusione è suffragata dalla normativa nazionale.
Ed infatti, le Linee Guida Nazionali per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili stabiliscono al paragrafo 17 che l’individuazione di non idoneità delle aree, operata dalle Regioni, comporta semplicemente che per le stesse si determina “una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione”.
Pertanto, l’individuazione delle aree e dei siti ”non idonei” da parte delle Regioni non configura di per sé un divieto preliminare, bensì determina solo un elevata probabilità di diniego.
In definitiva, dunque, è da ritenere che qualora l’Amministrazione voglia denegare l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili anche in aree qualificate non idonee è comunque onerata a motivare le ragioni del diniego tenuto conto della specifica zona e delle ragioni che ostano all’accoglimento del progetto.
In sintesi, il provvedimento di diniego non potrà semplicemente: ”richiamare genericamente le linee guida, nazionali o regionali, proprio perché le prime non riconnettono alla.. aree non idonee .. un divieto assoluto di ubicazione degli impianti in questione..” ( T.A.R Puglia, sentenza n. 929/2011 del 14 dicembre 2011).
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