Elogio dell’autocertificazione

Stefano Usai 01/10/12
Ancora tanti manuali e tanti scritti evidenziano l’incompletezza e/o l’inattuazione delle disposizioni di semplificazione in tema di autocertificazione.

Tant’è che dal 1968 (con la legge 15)  fino a tempi recentissimi, il legislatore ha profuso grande impegno per introdurre disposizioni finalizzate – compito davvero arduo –  a cambiare la mentalità dei burocrati della p.a., pervicacemente ed ottusamente attestati su posizioni anacronistiche.

In realtà, oggi lo abbiamo scoperto, tutto questo non è affatto vero. Esistono realtà avanti anni luce in tema di autocertificazione e, quindi, di semplificazione.

Non solo, queste realtà territoriali, vero o fittizio si vedrà tra qualche tempo, sono eccellenze non solo in tema di semplificazione dei procedimenti amministrativi ma addirittura nella produzione di leggi (o regolamenti).  Sconfessando l’altra, stereotipata, considerazione per cui nel nostro paese non si fanno mai riforme e non si legifera abbastanza per la semplificazione e per la sburocratizzazione.

Tutto falso.

Certe realtà italiane, avanti – evidentemente – anni luce rispetto al resto del paese semplificano eccome. Sburocratizzano a piè sospinto.

Viene un dubbio.

Ma in tema di autocertificazione (o se si preferisce in tema di dichiarazioni sostitutive di certificazione),   si confessa: senza aver  approfondito, si può legiferare? Il testo unico 445/2000 non chiarisce abbastanza cosa si può autocertificare e/o autodichiarare? Ma dove sta scritto che le spese sostenute si possono autocertificare? Al  limite potrebbero ritenersi un fatto notorio direttamente conosciuto dal soggetto interessato.

In questi giorni la parola autocertificazione è diventata una di quelle parole che fanno rabbrividire. Una parola strana per citare la Szymborska.

Da qualche parte, nella sterminata e meravigliosa produzione della poetessa (insignita  del premio Nobel e scomparsa nel febbraio di quest’anno),  ha scritto:

“Quando pronuncio la parola Futuro

la prima sillaba già va nel passato.      

Quando pronuncio la parola Silenzio

lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,

creo qualche cosa che non entra in alcun nulla”. ([1])

Si potrebbe aggiungere – ovviamente sarebbe  un delitto imperdonabile – che “quando pronunciamo la parola autocertificare facciamo qualcosa da noi ma che non  può essere solo per noi”.



[1] In W. Szymborska La gioia di scrivere Adelphi. La poesia si intitola Le tre parole più strane.

Stefano Usai

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