Un grande aiuto, comunque sta arrivando dai diretti avversari, con la pantomima del confronto televisivo Renzi-Di Maio destinata a lasciare profondi strascichi dopo la rinuncia del leader M5S. Allo stesso modo, l’ex presidente del Consiglio e segretario del Pd fa i conti con un elettorato sempre più sfiduciato e un quadro di alleanze molto ostiche, come già dimostrato proprio alle regionali siciliane. La candidatura di Claudio Fava in quota Sinistra aveva ottime chance di costituire il colpo di grazia alle ambizioni di vittoria del centrosinistra, ma quel che non ci si attendeva è che, anche sommando i voti ottenuti dallo stesso Fava con quelli del candidato dem Micari, il totale sarebbe stato di molto inferiore ai due partiti di testa. Insomma, piena crisi di consensi.
Berlusconi e i suoi alleati sono riusciti a ricompattare il fronte che nel 2012 andò alle urne in due tronconi, favorendo la vittoria di Rosario Crocetta. E sulle ali dell’entusiasmo, con questa ritrovata armonia – sebbene precaria – il Cavaliere e i suoi pregustano già il nuovo “cappotto” ai collegi siciliani, che con il Rosatellum torneranno in palio, ricordando il lontano 2001 con l’insuperato 61-0 rifilato al centrosinistra.
A fronte dell’affermazione di Musumeci, il vero primo partito dell’isola si conferma quello già di cinque anni or sono, cioè l’astensionismo. Percentuali di votanti ancora più basse della precedente tornata – meno di due milioni ai seggi, su quasi cinque aventi diritto – che proiettano il partito del non voto ben oltre il 50%, una soglia ormai diventata normalità anche in Italia da alcuni anni a questa parte. Stessa musica alle amministrative di Ostia, dove il MoVimento 5 Stelle se la vedrà al ballottaggio sempre con il centrodestra, ma con una maggioranza di astenuti che supera incredibilmente il 60%.
Di fronte a questi dati, appare chiaro come, dal 4 dicembre scorso, non ci deve essere stata notte più difficile, per Matteo Renzi, di quella tra domenica e lunedì. Subito i primi exit poll, infatti, avevano confermato quanto i sondaggi continuavano a sostenere da tempo: PD e centrosinistra erano fuori dalla partita per il voto siciliano. Una giornata da comprimario che deve aver fatto molto male all’ex premier e che rischierà di replicarsi anche a livello nazionale, se non si invertirà il flusso entro breve tempo.
Di contro, i grillini rispetto al debutto del 2012 mettono a segno una crescita importante, il miglior risultato assoluto per una singola lista, ma non ancora decisivo per passare al timone di una grande regione del sud, negli auspici della vigilia il grimaldello ideale per scardinare palazzo Chigi. Più che altro sorprende, di fronte all’avanzata grillina, il parallelo accrescere dell’astensione, quasi a voler suggerire che M5S non è in grado di interpretare appieno quel malcontento diffuso, che ha indubbiamente giovato alla sua ascesa politica.
Ecco come, in questo quadro, il ruolo del centrodestra può essere quello del terzo soggetto che, pur in assenza di una visione politica chiara, cinicamente beneficia dei litigi altrui: mentre i due giovinastri si accapigliano, la coalizione a guida Salvini-Berlusconi può continuare a proporsi come un progetto alternativo sia al partito di governo uscente, sia alla rivoluzione incompiuta di Grillo. Un incanto favorito dalle scivolate altrui che, poggiando su alleanze tutte da dimostrare in sede governativa, può teoricamente durare fino alla prossima primavera, aprendo così la strada a un esponente di Forza Italia – forse Tajani? – verso palazzo Chigi.
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