Dunque, è più che mai necessario tirare le fila e cercare di inquadrare vincitori e vinti di una elezione che, indubbiamente, segna un punto di svolta tanto per la Regione Sicilia, quanto, probabilmente, per l’intero Stato.
Ha vinto, innanzitutto, Rosario Crocetta, approdato alla poltrona di governatore dopo i primi exit poll che lo vedevano addirittura in terza posizione. Il candidato di Pd-Udc-Mp e Consumatori ha portato a casa un’affermazione netta, staccando, con il 30,5%, il diretto inseguitore Musumeci di cinque punti percentuali. Ha vinto, Crocetta, perché è riuscito a far convergere sotto la sua figura e la sua biografia di ex comunista e gay dichiarato due forze come Pd e Udc. Resta da vedere, però, come alla prova dei fatti, il partito del fu governatore, ora carcerato, Totò Cuffaro si volgerà al curriculum antimafia che Crocetta esibisce con orgoglio. Resta un’altra, grande incognita, per Crocetta, ed è quella della maggioranza in assemblea: alla conta dei voti, infatti, la coalizione che lo sostiene non riuscirà a superare i 40 seggi in Consiglio, a fronte di una “quota di salvezza” di 46 deputati: tocca a lui cercare nuove alleanze o appoggi esterni anche se ha già garantito che non farà “incuci”.
Ha vinto, indubbiamente, alle elezioni siciliane, il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo. La lista capeggiata dal candidato governatore Giancarlo Cancelleri è risultata, infatti, la più votata del lotto, superando sia Pd che Pdl: 14,9% delle preferenze accordate, che dà vita, in Consiglio regionale, alla rappresentanza più folta in assoluto, con 15 deputati nuovi di zecca. Il MoVimento 5 Stelle è risultato, tra l’altro, il partito vincitore a Palermo e tutto ciò in barba agli ultimi esiti elettorali, che vedevano i grillini veleggiare tra percentuali quasi anonime, e degli analisti che hanno sempre riconosciuto, fin dagli albori, l’incapacità della rete 5 Stelle di sfondare al sud. “Grillo – si è scritto più volte – funziona al nord e nelle regioni rosse più scolarizzate, dove internet è ormai il mezzo prediletto per la ricerca di informazioni, mentre in Mezzogiorno fatica”. E’ bastata una decina di giorni di campagna elettorale per smentire questa sentenza: piazze piene, urne pure. Non è arrivata la presidenza della Regione, ma è ormai un fatto che il MoVimento 5 Stelle sia la prima alternativa al Partito democratico non solo a livello locale, ma in tutto il Paese.
Ha vinto, inoltre, Raffaele Lombardo. L’ex governatore, ora indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, vede ritornare a Palazzo D’Orleans la stessa maggioranza che lo ha sostenuto nelle ultime battute del suo mandato e, come se non bastasse, applaude l’elezione in assemblea del figlio Toti. Presagi “gattopardeschi”? Staremo a vedere.
Ha vinto, forse, anche Gianfranco Micciché. Dopo gli strappi nel mandato Lombardo, l’ex delfino di Berlusconi è riuscito nel suo intento: far perdere il Pdl ed evitare una maggioranza forte in Consiglio. Ora, è lui il principale interlocutore della futura giunta Crocetta: anche se lui personalmente non siederà all’Ars, con i suoi 15 deputati, può essere l’ago della bilancia per i destini del neoeletto presidente.
Ha perso, invece, e nettamente, il Popolo della libertà, che vede i suoi voti scendere in picchiata proprio nella sua più sicura roccaforte, quella del 61 a zero che, ancora oggi, genera nel partito gran parte della sua classe dirigente, a partire dal segretario Angelino Alfano e dal Presidente del Senato Renato Schifani. Dal 33,5% delle regionali del 2008, in soli quattro anni, il partito di Berlusconi è crollato al 12,9%: una debacle senza precedenti che riflette perfettamente il momento di crisi del Pdl in tutto il Paese. Il piazzamento di Musumeci alle spalle di Crocetta non può lenire una sconfitta che, nei numeri, è atroce e rischia di sconvolgere i vertici del partito al pari di uno tsunami.
Hanno perso, alle elezioni siciliane, i partiti di Fli, Idv e Sel, che non hanno superato la soglia di sbarramento e resteranno fuori dall’assemblea regionale. Fini, Di Pietro e Vendola avranno molto su cui meditare per evitare, anche su scala nazionale, il ruolo di comparse che vanno via via ritagliandosi.
Ha perso, più di tutti, la politica tradizionale: con un’astensione di massa, superiore al 52%, oltre un siciliano su due ha voltato le spalle al sistema dei partiti, esprimendo un disagio che non ha precedenti nelle elezioni repubblicane. La Regione Sicilia, come noto, è stata, negli ultimi tempi, uno dei simboli dello spreco di risorse pubbliche, con un deficit stimato in 6 miliardi di euro e un oceano di 16mila dipendenti, più di quanti ne conti il governo inglese. A questo proposito, Crocetta ha promesso, nelle prime dichiarazioni, una “rivoluzione“: solo i fatti diranno se la Sicilia ha veramente svoltato o, se, invece, è rimasta avviluppata nel solito groviglio di potere, del quale i cittadini sono più che mai esausti.
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