A prima vista, le proiezioni fornite dai vari istituti sembrano tutto sommato coerenti, ma, considerando che ci troviamo distanti due settimane dal voto, un tempo che gli osservatori giudicano sufficiente a sconvolgere gli equilibri, proponiamo un confronto globale, per orientarci a dovere in questa selva di numeri.
Le discrepanze, in qualche caso marcate, tra i vari risultati delle indagini condotte dipende da molteplici fattori, spesso dalla metodologia di ricerca e a volte – è lecito ritenere – anche dall’orientamento del committente. Sicuramente, però, incrociando i voti attribuiti dai centri che maggiormente, in queste ultime settimane, hanno scandagliato l’opinione pubblica, siamo in grado tracciare un profilo verosimile dell’elettorato a 15 giorni dal giudizio finale.
Gli ultimi sondaggi. Partiamo dai “nuovi arrivati”. C’era molta attesa per l’ultima rilevazione di Euromedia Research, casa particolarmente gradita a Silvio Berlusconi, che, come nelle attese, denota un distacco minimo tra i due poli: 34,4% per Pier Luigi Bersani, contro il 32,7% del Cavaliere, meno di due punti percentuali al pareggio. E’ questo l’unico dato che lascia al leader Pdl una minima speranza di raggiungere i rivali di centrosinistra anche sul piano nazionale, addirittura mettendo in gioco il premio di maggioranza alla Camera, che gli altri istituti attribuiscono univocamente al Pd e ai suoi alleati.
Altra musica suona, ad esempio, Demos per La Repubblica: la coalizione bersaniana viene assisa al 34,1% (Pd al 29,9%), in vantaggio sul centrodestra di oltre 5 punti (28,6%, con il Pdl al 20,4%). Subito dietro, troviamo affiancati il centro di Mario Monti e il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo al 16%.
Proprio la crescita travolgente della formazione del comico genovese è attestata in coro da tutti i sondaggisti: un riconoscimento che pare spiegare come l’offensiva di Berlusconi sul fronte tasse ed Equitalia, non abbia inciso profondamente nell’opinione pubblica. Grillo sembra stia svolgendo, in qualche modo, la funzione di argine alla revanche berlusconiana.
A questo proposito, notiamo come l’ultima analisi demoscopica di Tecné per SkyTg24 proietti i 5 Stelle al 17%, così come già Swg, due giorni fa, lo lanciava addirittura al 18%, in grado di minacciare per la seconda piazza alle singole liste proprio il Pdl. Aria pesante, invece, nel campo della Rivoluzione civile di Antonio Ingroia: lo schieramento che raduna Idv, Rifondazione comunista, Comunisti italiani verdi e Movimento arancione, dopo una partenza a razzo, è ora a rischio soglia di sbarramento, con alcuni sondaggi che, alternativamente, lo posizionano un filo sopra o appena sotto al fatidico 4%.
Insomma, situazione ingarbugliata. Un delirio di numeri che possiamo cercare di chiarire ricorrendo, dunque, alle medie delle singole percentuali raccolte, nell’ultima settimana, dalle singole case di ricerca.
Innanzitutto, bilanciando tutti i sondaggi più recenti, scopriamo come centrosinistra e centrodestra siano distanti di oltre 5 punti: 29,3% i voti a favore di Berlusconi e 34,6% quelli per Bersani.
In lieve discesa, nella comparazione tra i sondaggi, le quotazioni di Mario Monti, che deve “accontentarsi” del 13,4% dei consensi, staccato dal MoVimento 5 Stelle al 15,3%. Secondo il bilanciamento delle percentuali, Ingroia e i suoi riuscirebbero, momentaneamente, a sfondare il 4% sul piano nazionale.
E’ bene, comunque, specificare che le formazioni al primo appuntamento elettorale – vedi Grillo, Scelta civica, Fare e altri – sono suscettibili delle maggiori variazioni rispetto a sigle già consolidate sullo storico dei dati demoscopici.
Come potrebbe tradursi un quadro di questo genere in termini di seggi elettorali? Secondo Lorien, alla Camera dei deputati i giochi sarebbero fatti: 297 seggi al Pd, 40 a Sel, 3 a Centro democratico per la coalizione di centrosinistra; il Pdl riporterebbe a Montecitorio 94 onorevoli, la Lega Nord 26, 10 Fratelli d’Italia, 7 La Destra. Per Monti, 45 seggi alla Camera a Scelta civica, 15 all’Udc e 2 a Fli. Attenzione al MoVimento 5 Stelle e i suoi 70 deputati, mentre dovrebbero essere in 20 a rappresentare Rivoluzione civile.
E al Senato? Questo è il vero dilemma. Sempre a parere di Lorien, Bersani dovrebbe fermarsi a 147 seggi di maggioranza relativa, contro i 158 per necessari per controllare in autonomia la Camera alta: decisiva, allora, potrebbero rivelarsi l’area montiana, con i suoi possibili 36 senatori. Grillo farebbe arrivare a palazzo Madama addirittura 33 suoi “portavoce”, trascinando i suoi parlamentari a 5 Stelle oltre le 100 unità.
Restano, comunque, alcune Regioni, come Lombardia, Sicilia e Campania, ancora troppo incerte per attribuire un vincitore certo a due settimane dal voto: addirittura, imporsi nel feudo lombardo, per Bersani, potrebbe non essere sufficiente, come attesta Tecné, secondo cui, una vittoria nella regione chiave del nord porterebbe Pd e alleati a 156 senatori. Più drammatici, per il centrosinistra, gli scenari in caso di sconfitta in terra milanese, che, qualora venisse seguita dalla Campania, farebbe precipitare Bersani a “soli” 123 senatori. In sintesi, a due settimane dal voto, Bersani potrà governare solo con l’appoggio di Mario Monti.
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