La legge, infatti, impedisce la divulgazione delle rilevazioni demoscopiche nei quindici giorni precedenti il giorno della chiamata alle urne, così come per le elezioni politiche, anche per il voto continentale.
A distanza di un anno dalla formazione dell’attuale Parlamento, il quadro politico sembra radicalmente mutato. Il partito democratico ha un nuovo leader, anche presidente dl Consiglio, mentre il centrodestra è sempre più in frantumi, con la guida storica Berlusconi condannata in via definitiva, e alcuni elementi storici dagli albori di Forza Italia, come Marcello Dell’Utri e Claudio Scajola, alle prese con grane giudiziarie, l’uno latitante in Libano in attesa di estradizione, l’altro da poche ore in carcere con l’accusa di aver favorito la fuga di un altro ex compagno di partito.
In mezzo, il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo rappresenta, come al solito, la grande incognita della tornata elettorale. Così come, quattordici mesi fa, il possibile boom dei grillini venne ignorato fino allo spoglio delle schede, anche questa volta il potenziale del partito di Beppe Grillo rimane un rebus. Da una parte, infatti, un’elevata astensione potrebbe penalizzare proprio il M5S, dall’altra, però sembra catalizzare attorno a sé gran parte del malcontento contro, simultaneamente, l’esecutivo Renzi e l’Unione europea.
Ciò nonostante, però, gran parte degli istituti attestano il M5S a una quota più elevata rispetto al 2013, segno che il consenso di Beppe Grillo e i suoi non sarebbe affatto scemato. Le ultime rilevazioni di Tecné, ad esempio, proiettano i pentastellati a un solo punto dal Partito democratico, 27,7% contro il 28,8%.
Sul partito di Renzi, probabilmente peserà la percezione degli 80 euro in busta paga: se i dipendenti destinatari avranno creduto alla promessa del premier – che si dovrebbe concretizzare solo il 27 maggio, con la busta paga del mese in corso – allora il Pd potrebbe avere una spinta in fatto di voti. La platea di dieci milioni di interessati dalle detrazioni Irpef, potrebbe infatti aiutare Renzi a realizzare lo scatto decisivo, lasciandosi alle spalle l’agguerrito comico genovese. Senza contare che, dal momento dell’arrivo a palazzo Chigi del segretario ed ex sindaco di Firenze, il partito sembra in costante ascesa dopo il flop delle elezioni 2013, che lo lasciò secondo alle spalle dei 5 Stelle per voti ricevuti in tutta Italia.
Terza piazza, ormai stabile, quella di Forza Italia, con Berlusconi che cerca di occupare i mezzi di comunicazione come ai vecchi tempi, ma si vede stoppare dall’onnipresenza del primo ministro in carica, che monopolizza il dibattito come nessun altro leader del centrosinistra è riuscito a fare negli ultimi vent’anni.
Renzi farebbe meglio a guardarsi dalla rimonta grillina: alcuni istituti proiettano il bacino di possibile consenso del partito nato dalla rete al 34%, a guidare l’esercito crescente di euroscettici che anche in Italia ha preso piede per le politiche di austerità imposte dalle istituzioni comunitarie e la percezione di un sistema bancario ostile alle reali esigenze dei cittadini.
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