1) Nessun confronto tv
L’Italia si conferma l’unica democrazia occidentale in cui i confronti diretti tra i leader sembrano un orpello al regolare avvicinarsi delle urne. In realtà, come studi e analisi hanno dimostrato, i dibattiti tra i principali candidati, oltre a incollare al video milioni e milioni di spettatori, possono indirizzare in un senso o nell’altro il voto soprattutto quando c’è incertezza. Vista la centralità del mezzo televisivo nell’orientare gusti, opinioni e giudizi, sarebbe stato necessario che Di Maio, Salvini (Berlusconi è ineleggibile), Renzi e Grasso si fossero incontrati almeno una volta in diretta, senza filtri, davanti agli elettori. Questo, purtroppo, non è accaduto e ci abbiamo rimesso tutti, in primis la credibilità degli stessi leader.
2) Decide chi non vota
Inutile girarci intorno: la questione principale di queste elezioni è una sola: l’immigrazione. Il tema, cavalcato ormai stabilmente da forze politiche e organi di informazione, è deflagrato con i fatti drammatici di Macerata e ha portato fino alle opposte manifestazioni di piazza, lasciando campo libero agli estremisti e riducendo l’intera popolazione alla dicotomia antistorica comunisti/fascisti. Peccato, però che proprio coloro che sono al centro del dibattito politico e dunque a influenzare in maniera decisiva le preferenze – gli stranieri, i clandestini, i rifugiati – sono gli unici a non avere diritto di voto.
3) Il primo partito non avrà rappresentanti
È ormai scontato che le elezioni politiche 2018 segneranno un record nella storia dell’Italia Repubblicana: saranno infatti quelle con il maggior tasso di astensione mai registrato. Un primato molto giovane, se si pensa che il 25% attuale picco massimo del non voto, risale appena al 2013. Che la china sia stabilmente in discesa, lo si era capito già dalle europee e soprattutto dalle recenti amministrative, con i ballottaggi che hanno visto esprimersi meno della metà degli aventi diritto. I sondaggi degli ultimi tempi hanno previsto regolarmente un’astensione superiore al 30%, senza tenere conto dell’ondata di gelo che si sta abbattendo sulla Penisola e potrebbe ingrossare le fila del primo partito italiano: non M5S, non il Pd, ma l’indifferenza.
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4) …e alla fine non ci sarà maggioranza
Se tutta questa fatica – e denaro pubblico – almeno portasse un risultato tangibile in Parlamento, quantomeno si potrebbe apprezzare il buon funzionamento delle istituzioni. Ma il quadro politico frammentato e una legge elettorale che non aiuta a semplificare porteranno, con ogni probabilità, a uno stallo totale tra i partiti.
Il rischio concerto è di ritrovarsi, tra pochi giorni, con un teatrino se possibile ancora più pallido e sfiancante della campagna elettorale stessa. Con una differenza: a quel punto, gli elettori potranno solo stare a guardare.
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