Si tratta di un riordino degli incentivi – atti a sbloccare la realizzazione di diversi impianti in giro per il Paese – con loro confluenza in un Fondo unico di 600 milioni di euro tra finanziamenti agevolati e contributi in conto capitale per cofinanziamenti rispetto a fondi Ue e regionali: 118 milioni dai Contratti di Programma per le «aree depresse»; 140 dai Contratti di Area; 330 dal Fondo per l’innovazione; 34,5 dalle risorse per la Reindustrializzazione.
Tra le innovazioni più interessanti del pacchetto sviluppo, i minibond e lo sblocca-centrali: i primi sono obbligazioni e cambiali che le imprese non quotate, medie e piccole, possono emettere per finanziarsi, ma in presenza di alcuni requisiti come l’assistenza di uno sponsor, la certificazione dell’ultimo bilancio e la circolazione dei titoli tra investitori qualificati. Per la questione energetica, c’è già discussione tra Regioni e Stato perché l’accelerazione che vuole lo Stato va contro alla famigerata inerzia regionale, visto che si tratta circa di 10 miliardi di euro in investimenti privati da sbloccare, ad esempio gasdotti e rigassificatori sulla linea adriatica.
Nel secondo pacchetto, previsto non prima di un mese, dovranno poi avere spazio la detrazione del 30% per le imprese che investono in ricerca, gli sgravi (forse fino al 100%) per le aziende che assumono personale qualificato, l’innalzamento del tetto delle compensazioni Iva e l’estensione a tutti dell’”Srl a 1 euro” (attualmente è stata introdotta solo per gli under 35). Più “nuovi strumenti di finanziamento delle piccole e medie imprese”.
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