E se l’avvocato compra i followers?

Scarica PDF Stampa
  • Si tratta di un fenomeno conosciuto da tempo dagli addetti ai lavori, ma che in Italia è stato portato all’attenzione dei più in seguito alla denuncia di Marco Camisani Calzolari e dalla sua ricerca sul ricorso a questa pratica da parte degli uomini politici italiani.
  • Ho comprato 50.000 finti followers su a 20$. Sono a 58.000 in pochi giorni… Lascio a voi le conclusioni sul valore dei followers
  • Caduto il “velo di Maya”, si è scoperto che politici (non solo italiani), aziende, sportivi e artisti ricorrono sempre più spesso a questa pratica pur di veder lievitare velocemente (e senza particolari sforzi) il numero dei propri follower. A prescindere dal fatto che l’acquisto di contatti sembra essere inutile se non – addirittura – controproducente (visto che è possibile verificarlo agevolmente), ci si comincia ad interrogare sui profili giuridici (violazione dei termini di servizio dei social media site, concorrenza sleale, ecc.) e, laddove il fenomeno è divenuto assai diffuso, addirittura sulle implicazioni religiose.
  • Se l’avvocato compra followers, commette illecito disciplinare?
  • Visto che i social media sono sempre più diffusi tra i professionisti e, in particolare, tra gli avvocati, mi sono chiesto se – a prescindere dagli altri profili giuridici – l’acquisto di followers da parte di un collega o di uno studio legale costituisca illecito disciplinare. E l’ho chiesto ai miei contatti su Twitter.
  •  Conversazione con colleghi: “Un avvocato che compra “fake followers” su #Twitter commette illecito disciplinare?”
  • Le risposte dei colleghi non si sono fatte attendere e sono sembrate decise nel senso di ritenere rilevante sotto il profilo disciplinare l’acquisto di followers da parte di un avvocato. Eccone alcune:
  •  @diritto2punto0 Per me, sì.
  •  @diritto2punto0 L’unico motivo per comprarli è farsi pubblicità, direi. A quel punto può considerarsi modalità scorretta per trovare clienti

  •  @morenaragone Peraltro non vedo perché un avvocato dovrebbe comprarsi followers se non per millantare seguito @diritto2punto0
  •  @EdoardoFerraro @diritto2punto0 @morenaragone e’ innegabile che sia una condotta in contrasto con la deontologia
  •  @diritto2punto0 @dimarcog @morenaragone Sottoscrivo, specie se collegato a social network professionali.
  •  @EdoardoFerraro @morenaragone @diritto2punto0 @dimarcog in sostanza paga (fingendo di non farlo) per creare reputation.È illecito xche falso

  • Pur nella prosa sintetica imposta da Twitter, i diversi commenti richiamano alcune disposizioni del Codice Deontologico Forense che potrebbero ritenersi violate dall’acquisto di followers. In particolare, vengono in rilievo:
    a) l’art. 17, comma 1, che prevede che “il contenuto e la forma dell’informazione (sull’attività professionale, ndr) devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità“;
    b) l’art. 5, comma 1, che dispone: “l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro“;
    c) l’art.19, comma 1, in base al quale “è vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro“.Del resto, il Consigno Nazionale Forense si è già espresso sulla liceità dell’uso dei social networks da parte degli avvocati, ponendo già alcuni (forse troppo vaghi) paletti. Nel Parere n. 49/2011, reso dalla Commissione Consultiva in data 27.4.2011 (a seguito di quesito del COA di Verona), si osserva che

    “all’avvocato è evidentemente garantita sulla rete la più piena libertà di espressione e comunicazione, con l’eccezione di contegni che portino ad un’elusione del principio di correttezza dell’informazione, nonché alla violazione dei criteri di trasparenza e veridicità”.


    Sempre nel citato Parere 27.4.11 si afferma che, nell’uso dei social networks, l’avvocato: –  non  deve diffondere contenuti ambigui o fuorvianti; – deve rispettare quanto previsto dall’art.17 del Codice Deontologico in relazione al pieno rispetto del principio di correttezza dell’informazione, nonché dei criteri di trasparenza e veridicità;- deve rispettare la  dignità e il decoro della professione, il che comporta non assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa o comparativa.

  • Non si tratta solo di un’ipotesi
  • Mentre, in tanti, credevano che la discussione fosse meramente accademica, due tweet hanno rivelato che ci sono già avvocati che hanno fatto ricorso all’acquisto di fake followers.
  •  @EdoardoFerraro @diritto2punto0 ma soprattutto, amici avvocati, se lo conoscessi sarei obbligato a segnalarvene uno? 🙂
  •  @EdoardoFerraro @diritto2punto0 io conosco chi l’ha fatto, e non certo per millantare 🙂 Secondo me non regge…
  • Ecco come appare la curva di crescita di uno degli utenti in questione: si nota in modo evidente il picco registrato in corrispondenza dell’acquisto di un “pacchetto” di qualche migliaio di followers.
    Il candidato commenti la curiosa curva di crescita degli utenti di questo account #Twitter. E il conseguente crollo… http://pic.twitter.com/94w3baDK
  • A questo punto la domanda da porsi è: ci possono essere motivazioni diverse da quelle “reputazionali” che spingono all’acquisto di followers? Qualcuno, ad esempio, sostiene che l’acquisto potrebbe essere ricondotto a motivi di studio del fenomeno. Ma la tesi non convince.
  •  @morenaragone @EdoardoFerraro non mi convince: lo studio si fa con un “fake account”,mica con quello che si usa per lavoro 😉
  • E poi, l’esperimento – per essere tale – dovrebbe essere dichiarato; ma, ad oggi, non mi risulta che nessun collega lo abbia fatto.
    Insomma, non se ne esce. Esiste una sola motivazione plausibile per l’acquisto di followers: quella di apparire seguito da tanti e, quindi, valido, importante e influente.
    Piuttosto fantasiosa (per ora) è l’ipotesi di un acquisto effettuato da terzi al solo fine di gettare discredito sul professionista titolare del profilo Twitter. In tal caso, infatti, l’avvocato potrebbe immediatamente rendersene conto (centinaia o migliaia di followers non possono passare inosservati), rendere pubblico e denunciare tempestivamente l’accaduto.
    La questione da sciogliere, quindi, è solo quella relativa alla rilevanza disciplinare di questo comportamento. E c’è già chi chiede linee guida per la presenza social degli avvocati.
  • @EdoardoFerraro @diritto2punto0 @dimarcog ma servono linee guida, troppo spazio all’interpretazione 🙂
  • Ebbene, certamente è auspicabile che il Consiglio Nazionale Forense adotti un documento di questo tipo, così come è successo in altri Paesi del mondo. Ma, e lo conferma questa conversazione, l’acquisto di followers non potrebbe mai rientrare tra le pratiche consigliate.

Ernesto Belisario

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento