Contrariamente a quanti pensano che gli accordi prematrimoniali siano una prerogativa esclusivamente statunitense, va innanzitutto chiarito che negli Stati Uniti la disciplina di tali accordi, in mancanza di una specifica legislazione a livello federale, è soggetta alle peculiarità dei singoli ordinamenti.
Indubbiamente, i prenuptial agreements sono un emblema di modernità, ma soprattutto di celerità: infatti, la loro applicazione, in molti casi, evita il processo o ne riduce i tempi, con indiscutibile vantaggio sia per i cittadini che per lo Stato.
Tali accordi rappresentano una realtà ormai consolidata in vari ordinamenti stranieri, soprattutto – ma non solo – in quelli di common law.
Oltre che negli U.S.A, gli accordi prematrimoniali sono previsti anche in Francia, Inghilterra, Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia, Giappone e Germania dove sono contemplati nei rispettivi ordinamenti giuridici seppur con sostanziali differenze di applicazione tra uno Stato e l’altro.
Anche in Australia, poi, con il Family Law Amendment Act 2000, è stata introdotta la possibilità di stipulare i prenuptial agreements, eventualmente conclusi anche in contemplation of divorce.
Piuttosto variegata si presenta, in particolare, la situazione in Europa.
L’ordinamento inglese, pur ammettendo tale tipo di accordi, ne nega tuttavia il valore vincolante.
In Germania, dottrina e giurisprudenza, da sempre avallano la stipula degli Ehevertrage che vincolano i coniugi agli accordi assunti precedentemente al matrimonio.
In Francia, invece, in tema di efficacia degli accordi prematrimoniali si registra una sostanziale dicotomia tra la dottrina – incline a riconoscere la validità di tali accordi – e la giurisprudenza più orientata a negarla.
E in Italia? Che valore hanno tali accordi?
Come è noto, nel nostro ordinamento sussistono ancora notevoli resistenze circa l’introduzione dei prenuptial agreements, atteso il duplice significato che assume il matrimonio, sia dal punto di vista giuridico che religioso.
Inoltre, contrariamente a quanto avviene in altri paesi, in Italia gli accordi prematrimoniali in vista della separazione o del divorzio incontrano lo sfavore tanto della legislazione come della giurisprudenza, da sempre estremamente rigide, a fronte di sporadiche ed interessanti aperture dottrinarie.
Per questo è opinione comune che in Italia gli accordi prematrimoniali non siano validi.
Nel nostro ordinamento giuridico, infatti, i patti prematrimoniali sono nulli perché non è consentito di disporre preventivamente di diritti che sorgono successivamente alla eventuale richiesta di separazione e/o divorzio.
Tra gli irrinunciabili principi del nostro ordinamento giuridico l’art. 24 della Costituzione vieta il formarsi di valide intese preventive di divorzio: la stipula di simili patti e convenzioni, relativa a diritti indisponibili, oltre a compromettere l’inviolabilità del diritto di difesa, sancisce la nullità del negozio matrimoniale sottoposto alla condizione del patto stesso. Tali diritti, pertanto, non possono essere negoziati in alcun modo a priori, ma sarà compito esclusivo del giudice designato nella relativa procedura presso il tribunale competente ad esaminare gli eventuali accordi stipulati dai coniugi precedentemente al divorzio e dichiararli nulli sin dal giorno della loro stipula.
Il nostro ordinamento, tuttavia, non prevede espressamente la nullità degli accordi prematrimoniali per illiceità della causa. Anzi, la giurisprudenza ha stabilito a più riprese che tali intese sono valide in caso di successiva dichiarazione di nullità del matrimonio davanti ai tribunali ecclesiastici. Ma non è tutto! Una volta ottenuta la delibazione della sentenza, i coniugi potranno chiedere l’applicazione degli accordi, proprio come qualsiasi altra scrittura privata. Il leading case in tal senso è rappresentato da un precedente della Cassazione che già nel 1993 aveva stabilito il principio della validità degli accordi prematrimoniali purché stipulati in vista o nell’eventualità di una pronuncia di nullità del matrimonio.
In Italia, quindi, in caso di matrimonio contratto esclusivamente in sede civile, i patti non assumeranno valore, non potendo essere il matrimonio oggetto di nullità, invece, in caso di matrimonio concordatario, gli accordi prematrimoniali possono risultare pienamente efficaci.
Per quanto riguarda la possibile futura apertura dell’ordinamento italiano ai prenuptial agreements, va segnalato che di recente è stato presentato in Senato un disegno di legge (Disegno di legge S. 2629 comunicato alla Presidenza il 18 Marzo 2011) recante “Modifiche al codice civile e alla legge 1° dicembre 1970 n.898 in materia di patti prematrimoniali”.
Tale disegno di legge è volto ad introdurre anche in Italia gli accordi prematrimoniali, soprattutto al fine di ridurre gli eccessivi e talora logoranti tempi della giustizia. Con la nuova previsione legislativa si mirerebbe a raggiungere almeno due obiettivi: da un lato, accorciare i tempi di attesa per la separazione e il divorzio, dall’altro, abbassare il livello di conflittualità all’interno della coppia che sempre più spesso si ripercuote negativamente sulla serenità dei figli minori, incidendo in maniera determinante anche sull’intasamento dei tribunali.
Qualora si dovesse registrare una simile apertura, indubbiamente, l’istituzione degli accordi prematrimoniali nell’ordinamento italiano rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione del diritto di famiglia. Tuttavia, qualsiasi apertura in favore di tali accordi, dovrà necessariamente avvenire all’interno di una cornice legale in grado di evitare la sopraffazione di un coniuge ai danni dell’altro.
In tal senso è ampiamente condivisibile, l’auspicio dell’avv. Gian Ettore Gassani – Presidente nazionale e fondatore dell’A.M.I., associazione che riunisce gli Avvocati Matrimonialisti Italiani – per il quale “i patti prematrimoniali in Italia dovranno essere visti solo come un’opzione in più ed una libera scelta che si offre a quanti vorranno contrarre matrimonio, con la previsione – così come accade in altri Paesi – che non possono essere derogati diritti minimi in favore del coniuge più debole”.
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[Foto tratta dall’album di twofourseven su Flickr]
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