Si tratta di una sentenza a lungo invocata, poiché sono frequenti i casi – che vedono in gran parte i mariti sopperire al sostentamento delle ex mogli – in cui il coniuge separato che ha diritto all’assegno continua a percepire gli aiuti pur in presenza di una situazione stabile dal punto di vista affettivo e famigliare.
La questione era già stata affrontata con la sentenza 17195 del 2011, in cui si postulava per la prima volta come la necessità del sostegno da parte dell’altro ex coniuge venisse meno una volta che l’altro avesse definito la propria situazione famigliare anche in maniera non ufficiale.
Poiché, però, quella della famiglia di fatto è precaria per definizione, non si stabiliva che lo stop dovesse durare in maniera irrevocabile, ma solo limitatamente al periodo di convivenza con la nuova famiglia della moglie – o anche del marito – a cui spettavano gli alimenti.
Cosa cambia con la nuova sentenza
Il principio è sempre quello dell’adeguatezza del tenore di vita alla vita prima e dopo l’atto di separazione, che a parere della giurisprudenza deve comunque essere garantito. C’è, però, l’instabilità della famiglia di fatto, che ora la Suprema Corte riconosce come solida qualora si manifesti in essa “un progetto e un modello di vita in comune”, meglio se con figli
Ora, però, la prospettiva cambia con la sentenza 6855 dello scorso 3 aprile, in cui la Cassazione ha affermato che, se l’ex coniugato entra a far parte di una nuova famiglia, va intesa come nuova situazione di stabilità anche economica e dunque, non più passibile di assegno di mantenimento da parte del coniuge precedente.
Sottolinea la Cassazione sulla famiglia di fatto: non si tratta “soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una “famiglia” portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli”.
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