Secondo Onida, a muovere Napolitano sarebbe stato un forte senso di lungimiranza, giacché “nel decreto in cui viene sollevato il conflitto, non mostra alcun interesse diretto, ma sostiene che se lui tacesse si potrebbe precostituire un precedente suscettibile in futuro di incidere sulle prerogative del capo dello Stato”. Nonostante Napolitano abbia deciso, proprio a questo scopo, di citare nel suo comunicato Luigi Einaudi, il costituzionalista Onida ricorda che altre due figure hanno preceduto il presidente in carica nel sentiero impervio del conflitto tra poteri istituzionali. In particolare, infatti, si tratta del terzo caso assoluto nella storia repubblicana in cui un conflitto è sorto in cui direttamente su sollecitazione del Quirinale. Il primo a intervenire, elenca l’ex presidente della Consulta, fu Sandro Pertini: “Nel 1981 – ricorda Onida nell’intervista al “Corsera” – il Quirinale agì contro la Corte dei Conti che voleva estendere la sua giurisdizione ai bilanci dei vertici dello Stato”. Quindi, toccò a un altro presidente molto amato, Carlo Azeglio Ciampi, interpellare la Corte sulla possibilità – poi negata – che il ministro della Giustizia potesse sottrarsi all’atto di controfirmare una clemenza presidenziale.
Un distinguo, dalle parole di Valerio Onida, emerge, in ogni caso, per i membri del governo, i quali sarebbero del tutto estranei a eventuali effetti prodotti dal conflitto avanzato dal Colle. “La disciplina per i componenti del governo è totalmente diversa. Per loro – spiega – se indagati per reati ministeriali, non c’è divieto di intercettazione, ma una procedura autorizzativa di Camera o Senato, se non parlamentare”.
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