Un gestore di discoteca, a seguito delle proteste degli abitanti dei dintorni del locale, viene citato a giudizio dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine perché più volte ha disturbato il riposo degli abitanti non avendo impedito gli schiamazzi dei clienti, che si trattenevano all’esterno sino a tarda notte, nè i rumori delle loro auto.
Il Tribunale di Udine lo condanna alla pena di un mese e dieci giorni di arresto e la Corte d’Appello di Trieste conferma la sentenza del Tribunale.
Il gestore, ritenendo ingiusta la sentenza, si rivolge alla Corte di Cassazione, criticando le decisioni perchè :
1) non può essere ritenuto responsabile del comportamento della propria clientela fuori dal locale, non avendo all’esterno un potere di controllo; inoltre, le misure organizzative da lui predisposte per limitare il disturbo sono state ritenute, erroneamente, insufficienti;
2) la sentenza è basata su ipotesi non verificabili e non su massime di esperienza, perché secondo i giudici lui avrebbe dovuto predisporre un’adeguata segnaletica, o un servizio di vigilanza, per far parcheggiare altrove le auto;
3) è stato violato il principio secondo cui deve esserci corrispondenza tra l’accusa e la sentenza. lui è stato condannato anche per l’alto volume della musica suonata all’interno del locale, senza che tale elemento fosse, invece, contenuto nell’imputazione originaria del giudizio.
La Corte di Cassazione non condivide le contestazioni del gestore poiché in base a orientamenti giurisprudenziali il gestore è colpevole per aver turbato la tranquillità pubblica. Il titolare di un esercizio pubblico ha obbligo di impedire schiamazzi o rumori prodotti in maniera eccessiva dalla propria clientela: nel caso di cui si discute, deve rispondere di un danno chi ha l’obbligo giuridico di impedirlo.
Le misure adottate –un cartello per limitare gli schiamazzi e un’area per il parcheggio delle auto a qualche centinaio di metri dal locale, parcheggio non utilizzato dai clienti- erano insufficienti e non hanno avuto alcun effetto concreto.
In base alle prove emerse aveva trovato conferma l’eccessivo volume della musica suonata all’interno del locale. Questi ulteriori profili di condanna, però, non violano il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza.
Nel caso concreto, non risulta alcuna violazione del diritto di difesa, dato che la difesa dell’imputato ha potuto pienamente confrontarsi con tutte le contestazioni e la difesa dell’imputato ha potuto liberamente contro-esaminare tutti i testimoni con pieno esercizio del diritto al contraddittorio
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