Niente piani d’emergenza, ma molti piani territoriali (disattesi)

Dopo l’alluvione dei giorni scorsi e le sue conseguenze disastrose, catastrofiche che hanno coinvolto in particolar modo il territorio tra Liguria, Toscana, Piemonte, Campania, ma che hanno messo in allerta gran parte d’Italia, non si può che cercare il responsabile.

Non è tuttavia questa la sede per farlo né la pretesa di quest’articolo, ma di una cosa si è certi: qualcosa in più per evitare questa sciagura poteva esser fatto!

Se è vero che i cambiamenti climatici sono un argomento di cui si parla sempre con maggiore insistenza, è anche vero che il dissesto idrogeologico è da sempre una realtà ben conosciuta.

Su scala regionale, provinciale, comunale, di settore, i piani di coordinamento si richiamano e rincorrono e sfogliandone alcuni, in particolare quelli della Regione Liguria, si legge:

Lettera F paragrafo 4.3.-Problemi del Piano Territoriale Di Coordinamento Paesistico (DCR n.6 del 26/02/1990)

F) Dissesto geologico.

Dal punto di vista geomorfologico il degrado è provocato dalla obsolescenza di determinate “sovrastrutture” e dall’abbandono di aree e attività in cui viene a mancare la cura dell’ambiente.

Parente stretto del degrado è il dissesto idrogeologico: se è vero che la maggior parte del territorio ligure è soggetto ad una dinamica geomorfologica assai spinta, è anche vero che in molti casi i processi che la caratterizzano risultano artificiosamente accelerati (erosione e frane) e vengono distorti in modo anomalo (alterazione dei regimi delle acque superficiali e sotterranee, modificazione della dinamica dei litorali, ecc.).

E opportuno sottolineare che, salvo eccezione, le attività e le “costruzioni” dell’uomo tendono a rendere statico l’ambiente o a rallentarne sensibilmente il “metabolismo”, in antitesi con il suo carattere puramente dinamico.

Quanto più intensa, estesa e persistente è la modificazione, tanto più facilmente scattano i fenomeni di dissesto indotto, specie dove vi è abbandono, scarsa manutenzione, carenza di opere di presidio.

Nota: la Regione Liguria è stata la prima a dotarsi di un Piano paesistico, adottato nel 1986 e approvato nel 1990.

Il 23 marzo 2011 è stato firmato l’Accordo di Pianificazione tra l’Autorità di Bacino del fiume Po, la Regione Liguria e la Provincia di Genova, con il quale è stata approvata la Variante al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Genova, in attuazione del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) del fiume Po – “Variante al PTCp – Bacini Padani” (VBP), dove all’art. 5 – Individuazione e delimitazione delle aree interessate da dissesto idraulico e idrogeologico delle Norme Tecniche si legge:

1. La VBP individua, all’interno dell’ambito territoriale di riferimento, le aree interessate da fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico. …

2. La delimitazione delle aree interessate da dissesto, …, è rappresentata cartograficamente nell’elaborato T2 “Carta dei dissesti” della VBP.

L’obiettivo prioritario del PAI è la riduzione del rischio idrogeologico entro valori compatibili con gli usi del suolo in atto, al fine di salvaguardare l’incolumità delle persone e ridurre al minimo i danni ai beni esposti (quindi alcuni danni sono contemplati, ma si devono minimizzare).

Nel PAI viene anche fatto presente che la pianificazione urbanistica comunale deve recepire i condizionamenti derivanti dal dissesto presente e dalle delimitazioni d’uso del suolo ad esso correlate. Per fare questo occorrono semplici operazioni di ricollocazione a scala locale delle aree di dissesto individuate nell’ambito del PAI o in alternativa la redazione di una verifica di compatibilità che permetta di approfondire caratteristiche dei fenomeni e condizionamenti sulle previsioni di sviluppo derivanti dagli stessi.

Inoltre è prevista la redazione ordinaria della verifica di compatibilità idraulica e idrogeologica per tutti i Comuni del bacino, all’atto della revisione degli strumenti urbanistici.

Proprio in merito alla compatibilità idraulica viene sollevato da più parti il problema della scarsità di tali approfondimenti e Legambiente nel suo rapporto “Ambiente Italia 2011” denuncia che la massiccia impermeabilizzazione del suolo non consente l’assorbimento dell’acqua.

La relazione di compatibilità idraulica dovrebbe essere fatta sempre, per ogni lottizzazione, considerando non solo il terreno che si va a modificare, ma tutto il circondario su larga scala, ma spesso ci si limita (quando si fa) a studiare il singolo fazzoletto di terra senza considerare che magari il contesto in cui si va ad operare è già compromesso.

Abbiamo quindi visto come a livello di norme, atti di indirizzo, piani, l’Italia pullula di sapere, mancano però gli aspetti attuativi ed operativi.

In Italia mancano Piani di Emergenza, come dice il presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania – Francesco Perduto, mentre il dott. geologo Tozzi del CNR ha sollevato il pericolo legato al tombamento dei fiumi e il problema di rinaturalizzare il territorio dicendo no ai Piani casa e ai condoni e si alle piccole opere di ingegneria naturalistica (per completezza si legga l’articolo Rischio idrogeologico, pericolo non solo a Genova. Per i geologi il rischio il rischio alluvioni e inondazioni riguarda anche altre città italiane e esiste un pericolo causato dai fiumi “tombati” – www.guidambiente.it del 07/11/2011).

L’altra sera ad un telegiornale (non ricordo più quale) una pubblicità progresso datata 1977 mostrava una Genova sommersa, poco diversa dalle immagini dei giorni scorsi. Segno che il problema era già noto all’epoca e che già qualcuno promuoveva un qualche intervento di prevenzione!

Ora però non si vuole fare polemica, ma – di sicuro – occorre veramente intervenire!

Roberta Lazzari

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