Così ha deciso la Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 20856 del 26 novembre corso.
Né assume rilevanza il fatto che le mansioni svolte dal manager licenziato (nel caso di specie, un direttore commerciale) siano state suddivise e in parte affidate ad un altro dirigente dell’azienda. Tutto lecito, per i giudici di Piazza Cavour, in quanto la riorganizzazione della pianta organica dell’azienda ha soppresso la posizione in questione.
Passa pertanto il principio secondo cui il requisito del giustificato motivo oggettivo non sia più necessario ai fini della legittimità del licenziamento, essendo sufficiente la “giustificatezza”.
Il licenziamento del dirigente in questione non sarebbe da attribuire, per la Cassazione, a non meglio precisati intenti ritorsivi dell’azienda: ed è proprio il principio di correttezza e buona fede che i giudici assumono come parametro in base al quale misurare la condotta del datore di lavoro. L’azienda, anche se non versava in una situazione di crisi aziendale, stava procedendo ad una riorganizzazione della pianta organica, assumendo nuovi impiegati “semplici” e sopprimendo figure con mansioni apicali. Inoltre, non è dirimente la circostanza che le mansioni svolte dal manager licenziato siano affidate ad altro dirigente in aggiunta a quelle sue proprie, in quanto quello che rileva è che presso l’azienda non esista più una posizione lavorativa esattamente sovrapponibile a quella del lavoratore licenziato.
Nessun licenziamento persecutorio, pretestuoso o arbitrario, dunque.
Qui il testo integrale della sentenza n. 20856/2012 della Cassazione
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