Come è noto, la guida in stato di ebbrezza costituisce reato ed è sanzionata dall’articolo 186 del Codice della strada. La novità che emerge dalla sentenza n. 21192/2012 , della Cassazione, quarta sezione penale, sta nella decisione dei giudici di escludere, in mancanza di incidente stradale, la contravvenzione prevista dal settimo comma dell’articolo 186 (che richiama i commi tre, quattro e cinque), per l’ipotesi di rifiuto a sottoporsi all’accertamento dello stato di alterazione.
Gli ermellini della Suprema Corte, confermando la decisione dei giudici del merito, chiariscono che l’accertamento da effettuare nel caso di specie non è riconducibile né al terzo comma dell’articolo 186, in quanto i Carabinieri non disponevano dell’etilometro richiesto, né può riferirsi al caso previsto dal quinto comma, non essendosi verificato l’ incidente stradale – condizione di applicabilità della norma – ed va esclusa, altresì, la fattispecie di cui al quarto comma, che consente di accompagnare la persona da sottoporre ad esame “presso il più vicino ufficio o comando”, mentre nel caso in oggetto il corpo di polizia indicato, si trovava a parecchia distanza dal luogo dei fatti.
Nella sentenza si legge, specificamente, che “trattandosi di materia penale, perché possa dirsi integrata la contravvenzione contestata, è necessario che il conducente rifiuti l’accertamento così come tassativamente previsto dai commi richiamati nella norma che descrive la condotta tipica” e piuttosto, “il rifiuto all’adempimento di un obbligo non dettato dall’invocato combinato disposto dei commi settimo e terzo dell’articolo 186, non integra la contravvenzione prevista da dette disposizioni“.
Visto, dunque, che i Carabinieri, privi di etilometro, hanno invitato il conducente a seguirli presso un distaccamento della Polizia Stradale affatto “vicino” al luogo in cui questo era stato fermato, i giudici ritengono sia stata illegittimamente compressa la libertà individuale al di fuori della previsione normativa.
Pertanto, il fatto non sussiste e il ricorso va rigettato.
Qui il testo integrale della sentenza della Cassazione n. 21192 del 31 maggio 2012
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