“Diarie” false e truffaldine dei parlamentari romani

Si dirà: “E che c’entra questo titolo con questa immagine in circolazione sul web?

Attacco di rinco dell’autore e cattivo controllo della redazione di LeggiOggi!

Né l’uno, né l’altro. Non ancora ….

E’ solo che questa immagine è quella che consente di fotografare al meglio la vergogna della notizia di cui andiamo a discutere oggi.

Vergogna e rabbia che ci dovrebbero fare arrossire tanto quanto quei pomodori che la signora della foto sta raccogliendo.

Vergogna di chi delinque, rabbia di chi non riesce a difendere sé stessi e gli altri da chi delinque .

La notizia – offerta da fonti giornalistiche e riportata in “passa parola” da una moltitudine di internauti – riferisce che parecchi (forse tutti) parlamentari residenti a Roma usufruiscono fraudolentemente della “diaria” mensile di € 3.503,11 riconosciuta “a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma” dall’art. 2 della Legge 31.10.1965 n. 1261(su cui ci siamo soffermati, nel post “Stipendi ai politici? Non vedo, non sento, non parlo”, lo scorso 14 agosto).

Fraudolentemente” – bada bene, non ingiustamente o illegittimamente – giacché se la voce fosse vera, deve essere chiaro che non si tratta affatto di faccende politiche ma solo ed esclusivamente di reati. Reati puniti molto pesantemente dal nostro codice penale.

Il punto è di semplicissima comprensione.

La “diaria” è una spesa descritta con chiarezza da tutti i dizionari della lingua italiana: “somma giornaliera corrisposta ad un lavoratore dipendente in trasferta come rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno”.

Avuto riguardo ai nostri parlamentari, sono possibili due sole evenienze: si risiede fuori Roma e, dunque, si ha diritto alla diaria; si risiede a Roma e non si ha diritto alla diaria.

Chi, e come, controlli il tutto non è dato sapere.

Se il parlamentare, pur non avendo diritto alla “diaria” la richiede e la percepisce ugualmente, la sua condotta è delittuosa ed è esattamente identica a quelli dei falsi invalidi, falsi disoccupati, falsi aventi diritto in genere. Come quelli che vengono fuori dai blitz della Guardia della Finanza quando va negli uffici e sequestra montagne di documentazione. Con la differenza, “peggiorativa”, che i parlamentari sono anche Pubblici Ufficiali.

Quello dei falsi non residenti è uno scandalo che ancora ci manca …

Sul piano strettamente penalistico, il reato contestato in questi casi è la truffa (art. 640 c.p.): pena della reclusione da uno a cinque anni. La nostra presunta truffa ha, poi, due specifiche aggravanti: I) di essere commessa ai danni dello Stato (art. 640, II co, lett.a) c.p.); II) di essere commessa “con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio” (art. 61 n. 9 c.p.), il che comporta un’ulteriore aumento di pena di un terzo.

Non basta. Se la truffa viene accompagnata da falsa documentazione – ad esempio da false autocertificazioni attestanti la sussistenza del presupposto che dà diritto all’ indennità illecitamente richiesta e percepita – si aggiunge uno dei reati di falso puniti dagli artt. 476 e seguenti del codice penale. La tipologia del falso dipende da come materialmente sia rappresentata la falsa realtà; si parla, comunque, di pene che comportano anni di reclusione.

In conclusione, se un parlamentare risiede a Roma, e pertanto non ha diritto alla “diaria” né ad alcun rimborso di spese di trasporto e di viaggio ma lo ruba ugualmente ai cittadini, quel parlamentare: a) dovrebbe essere processato, condannato ed allontanato dalle funzioni abusate e sfruttate; b) dovrebbe essere obbligato alla restituzione del denaro illecitamente ricevuto, più alla corresponsione degli interessi e del risarcimento del danno; c) dovrebbe essere esecutato coattivamente ove non effettui spontaneamente tale restituzione e risarcimento.

Non stupisca la rudezza spartana di queste affermazioni. E’ la stessa che viene riservata a tutti i comuni cittadini che commettono questi delitti; né, personalmente, vedo alcuna ragione logica per riservare toni diversi o maggiormente diplomatici ai “nostri” cittadini eccellenti.

A meno di volere accettare – ma il solo pensiero mi fa aborrire – il principio secondo cui “la giustizia non è uguale per tutti”…

La severità verbale diventa, peraltro, desiderio di giustizia vera e sostanziale ove si pensi a quante tonnellate di pomodori freschi potremmo comprare a chi ne ha di bisogno con i soldi restituitici.

 … la signora che raccatta i pomodori nella spazzatura potrebbe essere nostra madre, nostra nonna, nostra moglie, e noi inetti che permettiamo tutto questo ….

Franzina Bilardo

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