Aggiorno ora il commento alla luce delle piccole modifiche che sono state apportate dalla legge di conversione.
La commissione giudicatrice non è più composta solo da tre dirigenti di strutture complesse della medesima disciplina, ma si aggiunge il direttore sanitario dell’azienda che assume.
In contrasto con la buona regola sulla composizione di organi collegiali, questa commissione sarà composta da un numero pari di componenti, con il rischio di paralisi della valutazione nel caso di parità di valutazioni contrastanti.
L’inconveniente appare ancora più pregiudizievole, tenuto conto che la valutazione della commissione, in quanto si esprime in una terna di candidati ordinata per punteggio, condiziona la scelta del vincitore da parte del direttore generale dell’azienda, anche se non la vincola in modo assoluto.
Nei fatti, si può immaginare che il “peso” della valutazione del direttore sanitario aziendale risulterà maggiore, perché egli è il portatore dei “desideri” della gestione aziendale.
Tra i criteri di valutazione, che la commissione dovrà seguire per l’attribuzione del punteggio, è stato soppresso quello del riferimento dei titoli professionali “riguardo alle necessarie competenze organizzative e gestionali”,
Dovrebbe ritenersi che tali competenze non sono più rilevanti nella valutazione dei titoli professionali maturati, cioè che nel disegno del legislatore contano solo le competenze tecnico-mediche.
Rimane fermo invece il riferimento allo sfuggente concetto del “profilo professionale”: la commissione infatti dovrà valutare anche l’”aderenza” del candidato a tale profilo.
La scelta del direttore generale rimane guidata dalla graduatoria della terna formata dalla commissione; rimane anche l’obbligo di motivazione analitica da parte del direttore generale, qualora non intenda scegliere secondo il punteggio.
La legge di conversione ha invertito la frase sulla scelta, nel senso che la motivazione è richiesta qualora il direttore non intenda scegliere un candidato con il migliore punteggio; prima doveva motivare qualora intendesse scegliere uno dei due con il minore punteggio: il senso però è identico.
Il decreto legge aveva integralmente sostituito il comma 1 dell’art. 15-ter d. lgs. n. 502/92.
La legge di conversione esclude qualsiasi intervento su tale disposizione, che rimane così in vigore nel testo originario.
Questo prevede che il contratto con il dirigente stabilisca “l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell’incarico”.
Nella precedente versione del decreto legge non risultava appunto previsto tale contenuto del contratto.
Rimane ferma, peraltro, la norma sulla durata degli incarichi, da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o più breve.
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