Decreto Salva Italia: il fallimento del SuperInps, a rischio le pensioni

Redazione 02/10/12
Il SuperInps, frutto del decreto salva Italia, in principio sembrò un’ottima cosa. Fondere l’Inps, gestore delle pensioni dei lavoratori privati, l’Inpdap, gestore di quelle dei lavoratori pubblici e l’Enpals, l’istituto dedicato a sport e spettacolo, era qualcosa di cui si ipotizzava da tempo e, probabilmente, un governo tecnico era il governo più indicato per portare a termine un provvedimento di questa natura.

L’ assimilamento di Inpdap nel più snello ed efficiente Inps, diretto da Antonio Mastropasqua, sembrava la via migliore per arginare costi e tagliare sprechi; infatti la relazione tecnica del salva Italia prevedeva in “non meno di 20 milioni di euro” i risparmi ottenibili già dal 2012, che sarebbero diventati 50 nel 2013 e 100 nel 2014. I nodi, però, sono venuti al pettine e adesso si scopre che l’accorpamento ha effetti devastanti sul bilancio del SuperInps.

In breve, fra pochi anni, si rischia l’azzeramento del patrimonio netto, ciò comporterebbe un problema di sostenibilità per il sistema pensionistico. Questo dipende dal disastroso bilancio dell’Inpdap che porta in dote all’ Inps un debito di 10,2 miliardi e quasi 5,8 miliardi di euro di passivo per il solo esercizio nel 2012. Maggiori informazioni si avranno a partire da giovedì quando il Consiglio di vigilanza dell’Inps (Civ), presieduto da Guido Abbadessa, esaminerà il fascicolo di 38 pagine che spiega il bilancio Inps.

La nota di assestamento è dovuta al peggioramento dello scenario economico e della confluenza dei bilanci dell’ Inpdap e dell’ Enpals nell’ Inps, anzi per quanto riguarda gli effetti della recessione l’adeguamento contenuto nella nota non basta. Le previsioni di bilancio sono state ricalcolate a fronte del Def (Documento di economia e finanza) presentato dal governo ad aprile scorso e non del suo più recente aggiornamento.

In sostanza, la nota di assestamento Inps è ottimistica visto che è basata su una stima del prodotto interno lordo (di aprile) in calo dell’1,2% nel 2012 mentre le ultime previsioni governative parlando di un -2,4%. Se l’economia non cresce comporta che ci siano meno posti di lavori e quindi meno contributi Inps, va da sé che i conti peggiorino. Il punto però resta l’assorbimento del disastroso bilancio Inpdap.

Le cause a cui è dovuto il dissesto dei conti Inpdap sono due; la riduzione di dipendenti pubblici con conseguente riduzione di entrate, ma aumento delle erogazioni delle pensioni e il fatto che, fino al 1995, le amministrazioni centrali dello Stato non  versavano i contributi alla Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato.  Anche quando questo organo è stato fuso all’Inpdap, in osservanza alla normativa europea, le amministrazioni statali hanno corrisposto “solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (8,75%, n.d.r. ) e non la quota a loro carico” pari al 24,2%.

A fronte di quanto detto lo Stato, nel 2012, ha disposto un trasferimento di 6,4 miliardi a favore dell’Inpdap, tuttavia, si legge nel documento all’esame del Civ “si prevede per l’Inpdap un disavanzo economico di 5 miliardi e 789 milioni” che ridurrà il passivo di bilancio dell’Inpdap ad 8 miliardi e 869 milioni, contro un – 2,2 miliardi dell’esercizio 2011. Gli effetti peggiori, tuttavia, sono sullo stato patrimoniale; infatti l’Inps prima della fusione aveva un avanzo di 41 miliardi. Detratti i 10,2 miliardi di passivo Inpdap e aggiunti i 3,4 miliardi di attivo portati invece dall’Enpals, il patrimonio di partenza del SuperInps, all’inizio del 2012, era di circa 34 miliardi. Alla fine, fatte le dovute detrazioni, si registrerà un calo di 16 miliardi nel bilancio Inps, da 41 a 25 miliardi.

Questa situazione di perdita è prevista anche per gli anni a venire, ciò si ripercuote “negativamente sul patrimonio netto dell’Inps con il rischio di un suo azzeramento in pochi anni”. In base a ciò il Civ raccomanda “una incisiva attività di vigilanza diretta ad accertare il corretto versamento dei contributi da parte delle pubbliche amministrazioni e in particolare degli enti locali”. La preoccupazione delle parti sociali del Civ è che se lo Stato non risana il disavanzo Inpdap, a colmare il gap siano chiamate le gestioni in attivo, parasubordinati (80 miliardi di avanzo patrimoniale) e delle prestazioni temporanee (ammortizzatori sociali, assegni familiari, malattia), che finora hanno compensato i fondi in rosso dello stesso Inps (trasporti, elettrici, telefonici, dirigenti d’azienda, coltivatori diretti e lavoratori autonomi).

Non è finita qui, a fusione completa verranno valutate a fondo le provvidenze che l’Inpdap ha assicurato, per il momento, ai lavoratori e ai pensionati pubblici, circa 5 milioni e mezzo di cittadini con loro famiglie. Ogni anno l’istituto concede prestiti e mutui agevolati (nel 2011, 100 mila prestazioni) e indice bandi per: «Case albergo», «Soggiorni senior», borse di studio, ospitalità nei suoi convitti per studenti e residenze per anziani, vacanze in Italia e all’estero per lo studio delle lingue, soggiorni termali, contributi sulle spese sanitarie. Un universo di prestazioni finanziato da un contributo obbligatorio in capo ai dipendenti pubblici pari allo 0,35% della retribuzione e allo 0,15% per i pensionati.

L’Inpdap si faceva vanto di aver sviluppato negli anni «un modello di welfare integrativo di eccellenza». Ma è chiaro che la musica potrebbe cambiare.

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