Così, non si attiva soltanto il miliardo di bonus diretti a chi assume giovani tra i 18 e i 29 anni che non abbiano il diploma o in stato di disoccupazione da almeno sei mesi. A cambiare sono alcuni aspetti dei contratti più in auge, soprattutto tra i giovani, che riportano indietro a prima della legge Fornero le lancette della flessibilità.
Intanto, per i contratti a tempo limitato, viene ridotto il termine di intervallo – 60 e 90 giorni diventano 10 e 20, a seconda che il rapporto fosse inferiore o superiore a sei mesi. Però, il contratto di un anno non potrà essere prorogato, a meno di una specifica delega in seguito ad accordi stipulati in azienda.
Sul fronte degli intermittenti, invece, se prima non veniva posto alcun limite di tempo sul contratto a chiamata, da oggi il tetto sarà di 400 giornate lavorative entro i 3 anni solari, oltre il quale il rapporto si trasforma automaticamente full time e a tempo indeterminato.
Nella categoria che più di ogni altra rappresenta l’universo del precariato, quella dei co.co.pro., si conferma che il rapporto non possa essere costituito per la realizzazione di compiti meramente esecutivi e ripetitivi, con tanto di definizione per iscritto degli elementi contrattuali probatori.
Arriviamo all’associazione in partecipazione, che ora impone di mettere in regola entro la fine di settembre il ricorso abusivo a questo genere di collaborazione, tramite assunzioni a tempo indeterminato o di apprendistato, secondo le direttive sindacali.
In merito proprio all’apprendistato, una delle tipologie privilegiate dalla riforma Fornero, si segnala che, dopo la conclusione dell’apprendistato per diploma professionale, questo potrà essere trasformato in professionalizzante. Entro il 30 settembre, poi, le Regioni dovranno diramare le nuove linee guida per lo svolgimento della formazione.
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