In principio non c’erano state problematiche specifiche ma la legge di conversione ha sorprendentemente inasprito l’obbligo, dettando la sanzione della nullità per i contratti la cui stipula non sia ossequiosa dell’obbligo di allegazione dell’attestato. La nullità comporta che il trasferimento immobiliare non sia effettuato, che i soldi dell’acquirente siano praticamente sprecati, che le sanzioni disciplinari siano molto gravi per il notaio rogante.
Ad esempio, se il venditore poi fallisce, l’immobile è del fallimento e l’acquirente ha diritto bensì ad un rimborso, ma in moneta fallimentare e quindi con la relativa falcidia; se il venditore, dopa “la vendita”, subisce ipoteche, pignoramenti, sequestri o altri simili eventi pregiudizievoli, le conseguenze sono tutte dell’acquirente. Nel caso in cui la banca prende in garanzia un bene che rinviene da una compravendita nulla, l’ipoteca è scritta sulla sabbia e quindi si aggiungono ulteriori problemi.
Dal momento che la nullità è una sanzione davvero pesante, e con ogni probabilità sproporzionata, produce inevitabilmente la paralisi, sia perché senza l’attestato non è possibile precedere sia perché non è impossibile, anzi, che si vada a concludere nel senso che l’attestato non regolarmente confezionato (la questione non è irrilevante, in questo momento di poca dimestichezza con le nuove regole) sia raffrontabile ad un certificato inesistente, con la conseguente applicabilità, anche in questa circostanza, della sanzione della nullità.
La questione, inoltre, è ancor più complessa dal fatto che la legislazione statale sulla materia specifica vige fino a che la Regione non provveda con propria legislazione, la quale, per prevalere su quella statale, non può essere una normativa “qualunque“, ma deve essere una normativa “specificamente” emanata in attuazione direttiva 2010/31/Ue (in quanto la legislazione regionale che sia stata emanata in attuazione di precedenti direttive o che sia stata emanata non in attuazione della Direttiva 31 del 2010 non ha il rango gerarchico sufficiente a vincere lo spettro applicativo della legge statale).
La situazione che si prospetta attualmente è la seguente; per gli immobili ubicati nelle “Regioni non legiferanti”, si deve allegare ai contratti il nuovo Ape (con la suddetta difficoltà proveniente dalla scarsa o nulla confidenza che si ha con questa nuova modulistica e dalla normativa che la disciplina e dal fatto che non ancora sono diffusi i software che si occupano di produrla); a meno che si disponga di un Ace rilasciato anteriormente al 6 giugno 2013 e che sia ancora in corso di validità.
Per quanto riguarda gli immobili posti nelle “Regioni legiferanti“, che però non abbiano adeguato la loro legislazione alla direttiva 31/2010 (come sembra essere la Lombardia), ci si deve comportare con le medesime modalità sopra descritte al punto a), ma con l’ulteriore ostacolo che tutto il sistema della certificazione energetica è stato da anni incardinato sull’Ace “regionale” e che dunque non sembra esserci nessuno pronto, al momento, a rilasciare Ape secondo il dl 63/2013, come convertito in legge.
Per gli immobili ubicati nelle “Regioni legiferanti” che abbiano adeguato la loro normativa alla direttiva 31/2010, dovrebbe essere il caso dell’Emilia Romagna, non ci sono problemi particolari; l’Ace o l’Ape si produce come si è sempre fatto e le uniche novità sono la nullità per il caso di mancata allegazione e il fatto che la norma statale che impone l’allegazione travolge, nei casi in cui l’allegazione è disposta, tutte le eventuali normative locali di esonero dall’allegazione in casi particolari.
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