Decreto del fare, perché la mediazione potrebbe essere incostituzionale

Redazione 19/07/13
Mediazione civile, il rischio incostituzionalità è – ancora – dietro l’angolo. Nonostante la bocciatura dello scorso autunno, che rimise in soffitta la conciliazione per un eccesso di delega utilizzato dal governo in sede di legiferazione, sembra che, ancora una volta, la Consulta possa intervenire per stoppare l’istituto più controverso del mondo forense.

Come noto, la mediazione è ricomparsa in una veste, molto parzialmente, rinnovata, tra gli 86 articoli del decreto del fare, approvato lo scorso 15 giugno dal governo di Enrico Letta, che, di fatto, ha reintrodotto l’istituto scartato dalla Corte costituzionale dal nostro ordinamento.

Tra le novità, l’istituzione degli avvocati come mediatori di diritto e la restrizione delle materie soggetto a obbligatorietà, da cui sono stati espunti i sinistri stradali.

Un quadro che, però, non ha soddisfatto l’avvocatura, che si è vista ripiombare addosso la grande nemica ritenuta sconfitta con la sentenza della Consulta. Il governo Letta, invece, ha dimostrato di voler proseguire sul solco dei suoi predecessori anche in fatto di giustizia, riproponendo la mediazione come condizione di procedibilità, il punto su cui si sono incagliate le varie vedute sull’argomento, fino all’aperto conflitto verbale e politico.

Così, sul piede di guerra dall’indomani del ritorno alla mediazione 2.0, gli avvocati e i loro rappresentanti, Consiglio nazionale forense in testa, hanno presentato una serie di modifiche strutturali per rendere la mediazione più soft: richieste che, nella discussione degli emendamenti, sono state accolte pressoché in toto.

Secondo gli analisti, però, proprio una delle novità introdotte a seguito delle richieste degli avvocati, rischia di finire al vaglio della legittimità costituzionale, così come avvenuto con la prima versione della conciliazione obbligatoria. Si tratta del carattere gratuito del primo incontro al tavolo di conciliazione, che non deve essere retribuito al mediatore in caso non vada a buon fine, che è finita all’articolo 84 del decreto del fare.

Secondo alcuni osservatori, infatti, da una parte si rischiano le derogabilità che la norma, nella sua enunciazione, pare suggerire, con possibilità di caos nei tariffari. In seguito, poi, potrebbe essere violato il principio di privilegio anticoncorrenziale sugli organismi a partecipazione pubblica, oltre ai principi espressi all’articolo 36 della Costituzione.

In questo modo, si osserva, dovrebbe essere infatti lo Stato ad accollarsi quei mediatori e organismi finalizzati alla conciliazione che non riuscendo a convivere i litiganti a tentare la strada dell’accordo, si vedrebbero non corrisposte le proprie prestazioni professionali, condizione che potrebbe, tra l’altro, andrebbe a cozzare con le finalità di risparmio alla base dello stesso decreto del fare.

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