L’ineffabile governo alfetta (sì, quello che va a raccontare in giro di non aver alzato le tasse, per capirsi) ne sta combinando un’altra delle memorabili sue.
Non contento del disastro generale finora compiuto, “i nostri” hanno infatti pensato (e già me li vedo, a scambiarsi occhiolini di compiacimento, i fenomeni…) di mettere mano al processo civile, con un disegno di legge delega sulla giustizia civile varato il 17 dicembre dal Consiglio dei Ministri.
La delega al Governo reca ”disposizioni per l’efficienza [sic!] del processo civile, la riduzione [quante volte ne abbiamo sentito parlare?] dell’arretrato, il riordino [aiuto…] delle garanzie mobiliari, nonché altre disposizioni per la semplificazione [doppio sic!] e l’accelerazione [triplo sic!] del processo di esecuzione forzata (collegato alla legge di stabilita’ 2014)”.
Come sempre, l’impressione generale è quella di un provvedimento raffazzonatissimo, messo insieme da persone che non hanno la benché minima idea di cosa sia un processo civile, e al massimo hanno in mente Forum.
Non solo.
Come da costante degli ultimi anni, dalla lettura emergono chiaramente le due linee guida del provvedimento, ovvero:
1) gli avvocati sono una categoria dannosa per il paese e quando li avremo eliminati finalmente l’economia ripartirà;
2) l’importante è che non si facciano cause, se poi ciò va a scapito dei diritti, chissenefrega.
Avrete già letto, immagino, quella cosa aberrante per cui se si vuole conoscere il motivo per cui si è persa una causa occorre pagare una quota del contributo unificato dovuta per l’appello (e se state pensando cose del tipo “ma è già stato pagato il contributo unificato per il primo grado” oppure “ma motivare le sentenze non è uno dei compiti dei giudici”, ebbene vergognatevi!, siete dei retrogradi che volete mettervi in mezzo all’eccellente lavoro del governo alfetta).
Ma la chicca che voglio qui segnalare (e immagino che anche questa sia già tristemente nota) è la previsione, contenuta nell’art 2 (intestato “Misure per la maggiore efficienza del processo di cognizione”) ,comma 1 lett. f che “nei casi di condanna a norma dell’articolo 96 del codice di procedura civile, il difensore sia responsabile in solido con la parte”.
E’ evidente che si tratti dell’ennesimo tentativo di intimidire l’avvocatura!
Peraltro va detto che in un sistema che funzionasse, e in cui si potesse parlare di certezza del diritto senza cadere dalla sedia per le risate, una previsione di tal fatta potrebbe anche avere un senso.
Ma introdurla nell’ordinamento italiano, dove l’unica certezza (sia per la schizofrenia del legislatore, che per i cambi di orientamento della Cassazione, che per la mancanza di valore del precedente) è l’incertezza, è soltanto un modo per colpire la figura dell’avvocato.
A questo punto v’è solo da sperare che, trattandosi di una legge delega, in sede di stesura si pervenga a più miti consigli.
E, intanto, non rimane che chiedersi: “Quo usque tandem abutere, governo alfetta, patientia nostra? Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?”
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