Crollo Ponte, Autostrade pubblica la convenzione: basta polemiche

Redazione 27/08/18
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Dopo il tragico crollo del ponte Morandi di Genova, Autostrade per l’Italia batte il pugno e non ci sta a essere dipinta con i colori sfocati della poca chiarezza. La sua mossa è quella di pubblicare online il testo della convezione che la lega al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con tanto di allegati e di Piano finanziario. La stessa concessione che il Governo Conte vuole ora revocare.

Queste le parole del comunicato sul sito:  “Per rispondere alle polemiche e alle strumentalizzazioni che dominano il dibattito pubblico sul tema, Autostrade per l’Italia rende pubblico e accessibile a tutti i cittadini – attraverso il proprio sito web www.autostrade.it – il testo della Convenzione in essere con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (allora ANAS) approvata unitamente agli allegati dalla legge n. 101 del 2008, nonché i successivi Atti aggiuntivi e relativi Allegati”.

Scarica qui il testo della Convenzione e gli Allegati

Una decisione più polemica che chiarificatrice. L’obiettivo di Autostrade è infatti quello di mettere a tacere le accuse di segretezza e le strumentalizzazioni.

In questo modo la società “rende noti tutti gli elementi che regolano la concessione, compreso il cosiddetto Piano Finanziario (allegato E) redatto ai sensi delle delibere Cipe.

La gran parte di questi documenti era stata già pubblicata sul sito web del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 2 febbraio 2018, mentre la totalità dei documenti stessi era stata già resa disponibile nella scorsa legislatura (maggio 2017) ai membri della Commissione Lavori Pubblici del Senato per consultazione”.

Secondo Autostrade per l’Italia “è importante sottolineare che nessuna norma interna o prassi internazionale prevede la pubblicazione di tali documenti relativi alle concessioni autostradali. Ciò anche per assicurare parità di condizioni sul mercato tra i vari operatori del settore, anche per il caso di nuove procedure di affidamento”.

Il Piano finanziario (allegato E) rappresenta – per così dire – il nodo della questione, perché in esso sono contenuti gli investimenti, le manutenzioni e gli introiti della concessionaria e che era stato trasmesso solo parzialmente nei mesi scorsi, motivo del braccio di ferro tra Anac e ministero.

La stessa società ribadisce che la pubblicazione del testo della convenzione è stata decisa “per rispondere alle polemiche e alle strumentalizzazioni che dominano il dibattito pubblico sul tema, subito dopo la tragedia di Genova che è costata la vita a 43 vittime.

La secretazione, secondo Autostrade, si spiegherebbe con la necessità di “assicurare parità di condizioni sul mercato tra i vari operatori del settore, anche per il caso di nuove procedure di affidamento”.

Concessioni pubbliche autostrade: cosa sono?

Le autostrade italiane sono un bene di proprietà dello Stato, gestito però da società “concessionarie” che pagano un canone allo Stato e in cambio si tengono i profitti derivanti dalla gestione. Una volta erano società pubbliche. Con la crisi degli anni Novanta però lo Stato però si è trovato immerso in un enorme debito pubblico da gestire e con scarsissime risorse necessarie a finanziarie i necessari investimenti per migliorare la rete infrastrutturale.

Viene quindi deciso di privatizzare alcune concessionarie, in modo da un lato di fare cassa e dall’altro di sfruttare capitali privati per i nuovi necessari investimenti. La più importante tra le società che furono privatizzate fu proprio la Società Autostrade, quella che ora gestisce la maggior parte della rete autostradale italiana. All’inizio del 2000 fu la famiglia Benetton a prendere il controllo della società, che divenne in seguito Autostrade per l’Italia: azionista Atlantia, controllata sempre dalla famiglia Benetton.  

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Concessioni pubbliche: sono segrete?

Dovrebbero essere di dominio pubblico, visto che riguardano una questione più che pubblica: le strade su cui ogni giorno circolano milioni di cittadini. Eppure da anni esiste un braccio di ferro tra l’Autorità dei trasporti e il Ministero, perché parti intere delle concessioni pubbliche non sono mai state rese note. Nello specifico i piani finanziari (dove tra l’altro dovrebbero anche essere riportati gli investimenti in manutenzione delle infrastrutture) delle concessioni sono segreto di Stato.

Soltanto lo scorso gennaio il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha deciso di rendere pubblici gli atti che regolano i rapporti tra stato e concessionari. Alcuni degli atti più importanti, però, rimangono ancora oggi segreti. Già nel 2015 L’Autorità dei trasporti, che ha bisogno di questi dati per valutare l’operato dei concessionari, affermava che mancavano i dati che riguardano “gli investimenti aggiuntivi che si intendono fare da quelli già previsti nelle convenzioni in essere e non realizzati”.

Le concessioni, in tutto circa una ventina sono i contratti con cui lo Stato (attraverso il Ministero delle Infrastrutture) affida a una società la gestione di un’arteria autostradale, i rispettivi obblighi e diritti, i ricavi che l’operatore privato ne potrà trarre e gli investimenti a cui si impegna. Quella di Autostrade per l’Italia, siglata nel 1997, sarebbe dovuta scadere nel 2038. Di recente però, in cambio dei lavori sulla nuova tangenziale di Genova, la cosiddetta Gronda, è stata prorogata al 2042. Ora dopo il crollo dei Viadotto Morandi il Governo vuole intraprendere la strada della revoca.

La concessione, compresi gli allegati, sono oggi online, sul sito della società Autostrade.

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Le concessioni di lavori e di servizi nel Codice dei contratti pubblici

L’oramai cronico stato di crisi della finanza pubblica rende inevitabile la crescita dell’interesse verso forme contrattuali che prevedono l’intervento di capitali privati; tra queste, la concessione, tanto di lavori che di servizi, sembra l’unica ad aver raggiunto un sufficiente grado di sviluppo della relativa disciplina, che poco o nulla dipende da ulteriori interventi regolatori del Governo e/o dell’ANAC, ai quali resta invece subordinato il completamento della disciplina del contratto di appalto. Pertanto, da modello quasi residuale, utilizzato da pochi “grandi committenti” per operazioni di grande rilievo economico- sociale, la concessione si sta diffondendo presso le amministrazioni locali, anche di dimensioni modeste, come risposta al fabbisogno di servizi pubblici essenziali, quali i servizi scolastici, i servizi sportivi e quelli cimiteriali, solo per citarne alcuni.Tanto comporta la necessità di indagare approfondita- mente le peculiarità del modello negoziale della concessione di lavori e di servizi, soprattutto al fine di evitare che la sua indubbia attrattività non faccia perdere di vista le insidie che lo stesso nasconde e le difficoltà che incontra chi voglia assicurargli la capacità di resistere nel tempo alla inevitabile mutevolezza del ciclo economico.

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