Gli Stati membri, i datori di lavoro e i lavoratori, riuniti nel Comitato, hanno appoggiato l’esigenza di un aggiornamento dell’elenco UE delle malattie professionali, al fine di spingere i singoli Paesi ad adeguare le rispettive normative interne.
L’accordo risponde all’obiettivo di migliorare le protezioni dei lavoratori contro il rischio di crisi sanitarie future, come quelle causate da nuove varianti COVID, nell’ambito del “Quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021 – 2027”.
L’Italia, in cui il contagio da virus COVID è considerato infortunio sul lavoro e non malattia professionale, sarà pertanto chiamata ad aggiornare l’elenco delle malattie di origine lavorativa, alla luce della raccomandazione UE attesa entro la fine dell’anno.
Analizziamo la novità in dettaglio.
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Covid malattia professionale: la decisione del CCSS
Con una news pubblicata sul portale della Rappresentanza in Italia della Commissione europea “italy.representation.ec.europa.eu – Notizie ed eventi – Notizie” è stato reso noto l’accordo del 18 maggio sulla necessità di “riconoscere la COVID-19 come malattia professionale nei settori dell’assistenza socio-sanitaria e dell’assistenza a domicilio” nonché, in un contesto pandemico, nei “settori in cui sono maggiori le attività con un rischio accertato di infezione”.
Alcuni lavoratori, prosegue il sito, in particolare quelli a contatto con persone infette, sono “esposti ad un rischio maggiore di contrarre la COVID-19”.
In tempo di pandemia, poi, possono esserci “anche altri settori in cui i lavoratori potrebbero correre un rischio maggiore” di contrarre il virus a causa della natura delle attività svolte.
Essendo l’accertamento e l’indennizzo delle malattie professionali una materia di competenza dei singoli Paesi, sulla base dell’accordo, come affermato dal Commissario per il Lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit, la Commissione UE “aggiornerà la sua raccomandazione sulle malattie professionali al fine di promuovere il riconoscimento della COVID-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri”.
Covid malattia professionale: la situazione attuale in Italia
L’Italia fa parte di quei Paesi membri dell’Unione Europea che riconoscono il contagio da SARS-Cov-2 come un infortunio sul lavoro (a norma dell’articolo 42 comma 2 del Decreto legge 17 marzo 2020 numero 18, convertito in Legge 24 aprile 2020 numero 27).
Si prevede infatti che nei casi di accertata infezione da COVID-19 in occasione di lavoro, il medico redige il “consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”.
La copertura assicurativa è peraltro garantita nel corso della quarantena o della permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato, con conseguente astensione dal lavoro.
La tutela INAIL decorre dal primo giorno di assenza:
- Attestato dalla certificazione medica di avvenuto contagio;
- Corrispondente all’inizio della quarantena, a causa di contagio da COVID (contagio che può essere verificato anche successivamente all’inizio della quarantena).
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Covid malattia professionale: Quadro strategico UE
L’accordo europeo del 18 maggio si inserisce nel percorso di attuazione del “Quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021 – 2027”, adottato dalla Commissione nel giugno 2021.
Nel documento si definiscono le azioni chiave dell’UE per migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori negli anni a venire. Tra gli obiettivi fondamentali figura proprio quello di incrementare le misure di contrasto contro potenziali crisi sanitarie future, compreso un rafforzamento del sostegno ai lavoratori durante eventuali future ondate di COVID-19.
Covid malattia professionale: il commento di ENPAM
Sull’accordo UE si è registrato il commento del Presidente di Fondazione Enpam (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri) Alberto Oliveti, pubblicato sul portale istituzionale “enpam.it”.
Si tratta, ha affermato Oliveti, di “un’importante presa di posizione soprattutto nei confronti di medici e odontoiatri” in quanto “conferma quello che noi abbiamo sostenuto fin dall’inizio della pandemia, quando i primi nostri colleghi sono purtroppo caduti nel vano sforzo di contrastare il dilagare del Covid-19”.
La decisione dell’Unione Europea, continua Oliveti, apre “la strada a un riconoscimento della malattia professionale a tutti i camici bianchi e dovrebbe spingere lo Stato, come da noi auspicato, a riconoscere retroattivamente a tutti i medici caduti per Covid-19 quel risarcimento che finora ha riguardato solo una parte di loro”.
Covid malattia professionale: le prossime tappe
A seguito del parere del Comitato consultivo, la Commissione europea provvederà ad aggiornare (entro la fine dell’anno, si legge sul portale “italy.representation.ec.europa.eu”) la raccomandazione del 19 settembre 2003.
Il documento in questione elenca le malattie professionali che l’Unione Europea raccomanda agli Stati membri di riconoscere, oltre agli agenti che possono provocarle.
L’obiettivo dichiarato è che i singoli Paesi adeguino “le rispettive legislazioni nazionali conformemente alla raccomandazione aggiornata”.
Per l’Italia (e gli altri Stati membri) a questo punto non resta che accogliere la raccomandazione europea e riconoscere il COVID-19 come malattia professionale.
È opportuno precisare, come ricordato anche sul sito della Rappresentanza, che la “maggior parte degli Stati membri” riconosce già il COVID come malattia professionale o infortunio sul lavoro. L’aggiornamento della raccomandazione è importante invece per promuovere il riconoscimento del virus “come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri”.
Covid malattia professionale: cosa cambia per i lavoratori
Inserire il virus COVID-19 nell’elenco delle patologie che si sviluppano sul luogo di lavoro comporterà, per i lavoratori dei settori pertinenti che hanno contratto la malattia, l’accesso alle tutele di tipo normativo (come la conservazione del posto di lavoro) nonché alle prestazioni sanitarie (cure mediche e chirurgiche, tra le altre) ed economiche (ad esempio l’erogazione di un indennizzo) garantite dall’assicurazione INAIL.
La normativa italiana individua infatti un elenco tassativo di malattie che godono di una presunzione legale circa la loro origine professionale. Si parla in tal caso di “malattie tabellate”.
In queste ipotesi, il lavoratore deve limitarsi a provare:
- Lo svolgimento di mansioni rientranti nell’ambito delle lavorazioni tabellate;
- L’esistenza della malattia prevista in elenco.
Aggiornato con Decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 9 aprile 2008, l’elenco delle malattie tabellate è riportato nell’allegato numero 4 al Decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 1965 numero 1124.
A questo punto non resta che attendere una modifica all’elenco delle malattie, alla luce degli orientamenti comunitari sul virus COVID-19.
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