Il focus della “spending review 2” sarà puntato sugli enti e le autonomie locali. Neanche il tempo di farsi i conti in tasca, per le amministrazioni periferiche, e spunta già il rasoio che promette nuovi e profondi tagli ai bilanci. Dalla spending review convertita in legge, infatti, gli enti locali sono usciti con le ossa rotte: innanzitutto, l’accorpamento di 64 Province al di sotto dei 350mila abitanti o dei 2500 chilometri quadrati, divise tra 50 nelle Regioni ordinarie e altre 14 in quelle a statuto speciale. Anche dalla parte delle Regioni stesse, però, non ha tirato un vento propizio: la spending review si porterà via infatti dalla voce “trasferimenti centrali” 700 milioni nel 2012 e oltre un miliardo nel 2013 e 2014. Sorridono solo i Comuni, che si sono visti riconoscere un contributo di 800 milioni di euro.
Ma le note liete sono finite qui per le amministrazioni locali. Nel mirino del premier Mario Monti e del suo “cecchino” degli sprechi Enrico Bondi, finiscono ora i costi standard degli acquisti di beni e servizi da parte degli apparati di governo territoriale. Il pool ai comandi del supercommissario ha infatti messo a punto uno studio che costituisce la base dati del decreto in programma già nel prossimo mese, aprendo di fatto la via alla spending review autunnale.
Secondo i segugi dello sciupio di denaro pubblico, Regioni, Province e Comuni avrebbero instaurato un regime di eccessi di spesa che si situa nella forchetta tra il 25% e il 40% dei 60 miliardi di complessivi erogati per beni e servizi. Di questi, circa due miliardi sarebbero proprio generati dalle Province. Obiettivo della “squadra speciale spending review” è quello di coniugare questi dati statistici al parametro dell’efficienza, per sfondare il muro di 10 miliardi di risparmi, che si vanno ad aggiungere ai 26 della riforma già varata dalle Camere. Negli intenti dell’esecutivo, a guidare il cambiamento sarà la piattaforma Consip, che catalizzerà centralmente tutti i piani di acquisto degli enti.
La riduzione dell’esborso camminerà di pari passo alla riforma delle piante organiche già inclusa nel testo divenuto legge, con gli esuberi (anunciati in 24mila, ma non ancora definiti con precisione) e il taglio del 20% dei dirigenti e del 10% dei dipendenti pubblici. Un fronte che ha già scaldato i sindacati, pronti a scendere in piazza in sciopero generale il 28 settembre, in protesta contro i prepensionamenti, le messe in mobilità e la stretta a buoni pasto e ferie non godute. Montano anche i rimbrotti dell’Anci, che ha già annunciato di sciogliere i vincoli del patto di stabilità, minacciando addirittura la chiusura dei serivizi. Nodi, questi, su cui rischia seriamente di incepparsi la seconda fase della spending review.
“Non e’ vero che chi piu’ spende è più virtuoso – ha sottolineato Bondi di recente – bisogna andare a vedere i livelli dei servizi ai cittadini, non per ridurli ma per razionalizzarli”. Lo scopo finale di questa ondata di decreti sulla spesa, comunque, resta sempre la riduzione del debito pubblico, tramite ulteriori misure di risparmio, ad esempio nelle intercettazioni (si parla di 5 milioni) o, in maniera più profonda, nelle dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico.
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