I costi assicurativi insostenibili per le aziende sanitarie e le prime esperienze di autoassicurazione

La crescita esponenziale dei contenziosi e gli incrementi consistenti dei risarcimenti per i casi di responsabilità sanitaria, cosiddetta medical malpractice, hanno fatto esplodere i premi assicurativi di Responsabilità Civile a livelli non più sostenibili dalle Aziende Sanitarie.

Sono circa 34mila l’anno le denunce dei cittadini nei confronti di medici delle aziende sanitarie per casi di malasanità. Le cause dell’aumento di litigiosità fra cittadini e operatori sanitari sono molteplici: da un lato l’accresciuta consapevolezza da parte dei pazienti e l’opera di sensibilizzazione delle associazioni a difesa dei diritti dei malati; dall’altro l’evoluzione giurisprudenziale, l’allungamento delle aspettative di vita, il progresso tecnologico nei processi diagnostici/terapeutici e l’aumento delle patologie curabili.

Le assicurazioni hanno progressivamente abbandonato il settore delle strutture sanitarie, considerato non redditizio, mandando deserte molte gare pubbliche e di fatto spingendo le aziende ospedaliere verso società estere con licenza unica europea, molto spesso prive del know-how sufficiente (Cfr. Rischio clinico: progetto Aiba per assicurare gli ospedali e tutelare i cittadini, il Sole 24 Ore – Sanità).

La questione generale pone gravi dubbi e incertezze normative collegate al complesso iter di attuazione della Legge Balduzzi (D. L. 13 settembre 2012 convertito in Legge 8 novembre 2012 n. 189) ed in particolare dell’art. 3, anche per le contrastanti pronunce giurisprudenziali.

 

Su tale norma si è pronunciata anche la Corte Costituzionale, che con Ordinanza n. 295 del 6 dicembre 2013 ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, secondo comma, 27, 28, 32, 33 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Milano, che depenalizza la responsabilità del medico attenutosi alle best practices ed esente da colpa grave.

Secondo l’esperienza di tutti gli operatori sanitari e come testimoniano i dati ANIA ribaditi in tutte le sedi, il ramo med-mal è da tempo in affanno per numerose difficoltà, che si traducono infine in un insostenibile rapporto sinistri/premi. Da cui i tentativi di riformare il sistema per contenere numero e valore dei sinistri, oltre a dare maggiore certezza di regole.

Inoltre tale ramo è in mano a troppo poche compagnie, per lo più straniere e non delle più note. Del resto, le maggiori assicuratrici italiane hanno sempre più disertato questo ramo, per le ragioni ora richiamate.

Il fatto che da tempo le maggiori compagnie assicuratrici italiane – ultimamente pure piuttosto ridotte di numero – abbiano lasciato il ramo med-mal a compagnie straniere, pure non le più note, non lascia tranquilli gli operatori sanitari e gli amministratori delle strutture pubbliche.

“Ma la risposta dovrebbe venire dal sistema nel suo complesso, che è costretto a trovare le risorse per garantire la liquidazione dei sinistri sanitari con ragionevoli risarcimenti. Vuoi individuandole all’interno degli stanziamenti pubblici già destinati alla sanità, oppure propiziando le condizioni economiche per invogliare affidabili compagnie, anche nazionali, a rientrare nel ramo assumendo ruoli di primo piano.

A nulla serve invocare meramente l’assicurazione obbligatoria, se non si dispone di un mercato contraddistinto da capacità assuntiva e solvibilità. E ciò presuppone la creazione di condizioni idonee di regole e sostenibilità economica, monitorandone costantemente il mantenimento, grazie ad autorità di supervisione preparate ed indipendenti, munite dei poteri occorrenti” (Cfr. Alberto Tita, Assicurazione responsabilità sanitaria: le aperture del 2014, dopo gli eventi di fine 2013).

In questo contesto numerose Regioni hanno imboccato la via dell’autoassicurazione che comporta una naturale flessibilità di gestione l’impiego delle risorse di bilancio.

 Così, ad esempio, a fine 2012 la Giunta Regionale del Veneto ha annunciato che le Aziende sanitarie della provincia di Padova (Azienda Ospedaliera, Istituto Oncologico Veneto, e Ulss 15, 16 e 17) avrebbero sperimentato, a partire dal 2013, le nuove modalità assicurative per la responsabilità civile verso terzi, secondo un modello che prevede l’autogestione interna alle aziende stesse dei sinistri al di sotto dei 500 mila euro e l’accensione di polizze con compagnie assicurative per quelli superiori, i cosiddetti “danni catastrofali”, nonché la rinegoziazione dei contratti in essere sulla base delle nuove indicazioni decise dalla Regione. 

Secondo quanto pubblicato dal quotidiano Italia Oggi, alcune Regioni Toscana e Liguria, hanno preso la via dell’autoassicurazione, scegliendo quindi di non acquistare alcuna copertura assicurativa ma di far fronte in proprio alla gestione e risarcimento dei sinistri.

Altre Regioni – Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Emilia Romagna – hanno seguito la stessa impostazione del Veneto, assicurando cioè i sinistri per valori superiori a 500 mila euro e ritenendo il rischio per i sinistri sotto questa soglia.

Gli obiettivi di questa scelta possono così riassumersi, come evidenziatodalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere in audizione presso l’AVCP:

  • risparmiare la quota di costo corrispondente all’utile di impresa;
  • posticipare la rilevazione a Bilancio Regionale (per cassa) delle uscite per indennizzi e franchigie assicurative, altrimenti rilevate per competenza dalle aziende sanitarie ed ospedaliere;
  • favorire un processo di sviluppo di know how specifico di settore;
  • acquisire diretta gestione/definizione delle politiche di liquidazione sinistri;
  • compensare eventuali asimmetrie nell’accesso al mercato dei servizi assicurativi da parte delle diverse aziende regionali, ovvero sopperire all’assenza di offerte assicurative riscontrate in alcuni casi;
  • favorire, attraverso il confronto interaziendale, una maggior consapevolezza riguardo la correlazione tra la gestione del rischio clinico, le best practice in tema di qualità e standardizzazione dei processi e le ricadute economico finanziarie sui bilanci di aziende e regioni.

La questione è in evoluzione e, se sono chiari e condivisibili gli obiettivi perseguiti, sono ancora notevoli le criticità, come sottolineate nella requisitoria del Procuratore della Corte dei Conti presso la Regione Piemonte, dello scorso 17 luglio 2013, sul giudizio di parificazione del bilancio 2012 di quella regione: “Sulla gestione sanitaria pesa notevolmente l’onere connesso alla gestione del rischio correlato agli errori sanitari e l’attuazione del cd. programma assicurativo, laddove si rende evidente la mancanza di criteri professionali e di indirizzi metodologici che consentano una proficua gestione del rischio (risk management) assicurando comunque, rispetto ad una massa notevole di affari pendenti, l’esercizio di un’attività improntata ad imparzialità (cfr. art. 21 l. reg. 14 maggio 2004 n. 9 e succ. mod.). Trattasi di aspetto che non si concilia probabilmente con esigenze programmatiche, ma che merita, a nostro avviso, un intervento di riforma, probabilmente procrastinato dal legislatore che, attualmente, si è limitato a prevedere iniziative di analisi e studio del rischio clinico in capo alle aziende sanitarie e l’istituzione di un fondo per la copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie (cfr. d.l. 13 settembre 2012 n. 158, convertito in l. 8 novembre 2012 n. 189)”.

Sulla base della imprevedibilità e variabilità della spesa per la liquidazione dei sinistri med-mal,una corretta rispondenza tra costi preventivati e consuntivati, nonché l’idonea imputazione nei bilanci degli esercizi di competenza, sono piuttosto problematiche e tali da non incentivare il ricorso all’auto-assicurazione pubblica.

Carlo Rapicavoli

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