Secondo la Corte d’Appello, il subentrante legame, e cioè la famiglia di fatto, giunge ad alterare o viceversa rescindere “la relazione con il tenore e il modello di vita caratterizzante la pregressa convivenza matrimoniale”. L’ex coppia, originaria di Bologna e senza figli, aveva pattuito in sede di separazione l’assegnazione di un sussidio da corrispondere integralmente da parte del marito. Una volta raggiunto l’accordo di divorzio, tuttavia, l’uomo aveva presentato la richiesta del blocco del pagamento degli alimenti in vista del fatto che l’ex moglie, nel frattempo, aveva intrapreso una relazione affettiva stabile con un’altra persona.
Il tribunale aveva dato ragione all’ex coniuge, facendo seguire il ricorso in appello avanzato della donna. Il presidente della Corte d’appello di Bologna, Vincenzo De Robertis, congiuntamente al relatore Fausto Casari e al consigliere Lucio Montorsi ha però confermato la decisione in primo grado. “Il nodo fondamentale della controversia -si legge nel documento- dalla cui soluzione dipende l’immediato esito o lo sviluppo del giudizio, è quello della compatibilità del diritto all’assegno divorzile con l’instaurazione di una convivenza more uxorio da parte del potenziale avente diritto.
Che nella fattispecie concreta tale convivenza esista è ormai pacificamente acquisito”. La parte appellante, prosegue il chiarimento della Corte, “chiede che si applichi il criterio enunciato in legittimità dalla Cassazione sezione 1, sentenza 24056 del 10-11-2006, che risolve il problema della precarietà di un tale tipo di relazione ammettendo il potenziale onerato a fornire la prova anche presuntiva del mutamento, in melius, conseguito ad un’instaurazione della relazione”.
La sentenza della Corte d’Appello, di contro, si pronuncia “conformemente alla decisione del primo giudice” ritenendo di dover “fare proprio altro criterio, sempre di legittimità enunciato dalla sezione 1, sentenza 17195 del 11-08-2011, secondo il quale l’instaurazione di un rapporto stabile e duraturo di convivenza (famiglia di fatto) altera o rescinde la relazione con il tenore e il modello di vita caratterizzante la pregressa convivenza matrimoniale” così invalidando anche “il presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile”.
Nello specifico, è parere della Corte che ai fini “della precarietà della situazione” deve tenersi in considerazione “che il relativo diritto entri in uno stato di quiescienza potendosene riproporre l’attualità per l’ipotesi di rottura della convivenza tra i familiari di fatto”. Manifesta soddisfazione l’avvocato Guglielmo Tocci, che ha tutelato la richiesta dell’uomo durante l’intero svolgimento processuale. “Al di la della vicenda –commenta Tocci– sono soddisfatto che la Corte abbia nuovamente riconosciuto che la famiglia di fatto è a tutti gli effetti equiparabile al matrimonio” essendo persino riuscita, secondo il legale, ad oltrepassare quanto già disposto dallo stesso legislatore.
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