Sul Contributo Unificato tributario il Dipartimento delle Finanze ha preso un granchio

Massimo Greco 19/03/15
La partita sul contributo unificato nel processo tributario sembra essersi chiusa a favore dei contribuenti, almeno per quelle controversie sottoposte agli organi della giustizia tributaria prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità n. 143/2013.

A sancirlo è la Commissione Tributaria di Enna, con la recentissima sentenza n. 127/3/2015 depositata lo scorso 5/2/2015, alla quale ci siamo rivolti per contestare la pretesa integrazione del contributo unificato versato per la presentazione di un unico ricorso tributario avverso più atti. La questione è fin troppo nota e concerne il rapporto tra contribuenti ricorrenti e sistema processuale tributario. Infatti secondo il Dipartimento delle Finanze, che sulla questione si è espresso con la Direttiva n. 2/DGT del 14/12/2012, il valore della lite va individuato sul singolo atto tributario impugnato e pertanto il contributo unificato va corrisposto per singolo atto impugnato e ciò, a prescindere dall’eventuale presenza di un ricorso cumulativo. Ovviamente tutti gli Uffici di Segreteria delle Commissioni Tributarie si sono adeguati al citato indirizzo richiedendo, all’occorrenza, l’integrazione del contributo unificato versato sulla base di una erronea valutazione del valore della lite. I Giudici tributari ennesi, sul solco di quanto già acclarato dai colleghi di Campobasso e di Benevento, hanno invece affermato che “il valore della controversia deve ritenersi quello scaturente dalla sommatoria delle domande proposte nello stesso processo e pertanto il contributo unificato va pagato su tale importo complessivo e non con riferimento ai singoli atti oggetto di impugnazione”. Viene opportunamente affermato altresì che “in tal modo viene peraltro evitata qualsiasi violazione del principio di capacità contributiva riducendo il maggior costo della giustizia a carico del contribuente, talvolta costretto ad impugnare con separati ricorsi atti notificati in tempi diversi, pur potendosi tali atti notificare contestualmente da parte dell’amministrazione finanziaria o del concessionario per la riscossione”.

Orbene, se questa ulteriore sentenza dovrebbe indurre il Dipartimento delle Finanze a rivedere la propria posizione interpretativa del previgente quadro normativo, magari evitando di insistere temerariamente a danno dei contribuenti ricorrenti, la questione rimane totalmente aperta per quei ricorsi cumulativi presentati dopo l’entrata in vigore della citata legge di stabilità n. 147/2013, art. 1, comma 589 lett. A). Infatti la novella normativa, la cui valenza interpretativa della normativa previgente sarebbe certamente da escludere per violazione dello Statuto del contribuente, ha espressamente previsto che il valore della lite venga determinato per ciascun atto impugnato. A questo punto non ci resta che attendere anche l’esito dei giudizi tributari che abbiamo incardinato presso la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo per conoscere se la questione di costituzionalità appositamente sollevata sulla novella disciplina del contributo unificato sia rilevante e non manifestamente infondata, atteso che secondo la Corte Costituzionale “La natura di <<entrata tributaria erariale>> del predetto contributo unificato si desume infatti, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che lo disciplina:  (…) dal fatto, infine, che esso, ancorché connesso alla fruizione del servizio giudiziario, è commisurato forfetariamente al valore dei processi (comma 2 dell’art. 9 e tabella 1 allegata alla legge) e non al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata (…)”. 

Rimaniamo infatti convinti che: a) il pagamento del contributo unificato nel ricorso cumulativo tributario, così come concepito dal Dipartimento delle Finanze prima e dal legislatore dell’emergenza finanziaria dopo, risulta poco compatibile con le esigenze deflattive e semplificative della giustizia tributaria e molto più coerente con le sole esigenze di finanza pubblica; b) lo Stato deve affrontare l’emergenza finanziaria con i soli rimedi che siano consentiti dall’ordinamento costituzionale e comunitario.

Massimo Greco

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