Il contesto di riferimento nel quale il decreto ministeriale opera è come sempre quello dettato dall’art. 16 del dlgs 422/1997, che individua i cosiddetti “servizi minimi” per determinare i servizi di trasporto pubblico locale oggetto di finanziamento statale.
La norma prevede, appunto, che “i servizi minimi, qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni, sono definiti tenendo conto:
a) dell’integrazione tra le reti di trasporto;
b) del pendolarismo scolastico e lavorativo;
c) della fruibilita’ dei servizi da parte degli utenti per l’accesso ai vari servizi amministrativi, sociosanitari e culturali;
d) delle esigenze di riduzione della congestione e dell’inquinamento”.
Si tratta, con tutta evidenza, di una cornice normativa ormai superata, non solo per il limite quantitativo decisamente inadeguato delle risorse pubbliche asservite al funzionamento del trasporto pubblico locale (fissato nella misura del 65% dei costi del servizio), ma anche per l’inidonea accezione dei “servizi minimi”, che non riflette neppure in minima parte l’importanza strategica assunta dal trasporto pubblico locale nello sviluppo dell’organizzazione sociale del territorio.
Non è certo un mistero che, tra i servizi pubblici locali, il trasporto pubblico è quello maggiormente in crisi, e non si contano – specialmente nel sud del nostro paese – le aziende pubbliche già fallite o prossime al dissesto.
Il legislatore, infatti, non è mai riuscito a mettere mano a una riforma organica del sistema del trasporto collettivo, ed esso è connotato da gravi criticità organizzative e da pesanti difficoltà gestionali.
A poco è servita l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, che dall’anno 2008 avrebbe dovuto monitorare l’evoluzione del settore garantendo un equo riparto del fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico nelle Regioni, titolari delle funzioni relative al tpl in ambito regionale e locale.
Eppure è incalcolabile il valore del minore inquinamento acustico e atmosferico consentito dalla sostituzione del trasporto dal mezzo privato-individuale al pubblico/collettivo, nonché il risparmio di spazio nella circolazione del traffico e la salvaguardia ambientale a beneficio di una migliore qualità della vita.
A fronte di questi inestimabili vantaggi, prosegue però una politica legata ai parametri del passato, mentre il trasporto pubblico locale è sempre meno utilizzato dai cittadini e il nostro modello di sviluppo sociale ne soffre.
Occorre certamente, anche nell’organizzazione di questo settore, un vero e proprio salto di qualità nella gestione delle risorse pubbliche, perché certe forme di risparmio si ripercuotono ai danni del tessuto sociale e, specie a lungo termine, intaccano inesorabilmente il valore della cosa pubblica.
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