Per il diritto canonico il matrimonio o c’è o non è mai esistito per cui il concetto è quello della nullità mentre per il diritto civile il matrimonio può essere “annullato”.
La differenza non è di poco conto laddove si pensi alla sorte dei rapporti giuridici di filiazione che, nel diritto civile sono comunque tutelati in virtù del cosiddetto “matrimonio putativo”.
In questo variegato panorama le “questioni di letto” assumono una importanza preponderante al fine di stabilire, nei rispettivi ambiti, se ricorrano o meno gli estremi per invocare il rewind di un matrimonio.
Una recente pronuncia del Tribunale di Milano ha ritenuto valido motivo di annullamento del vincolo civile non l’omosessualità del marito dichiarata solo dopo anni di matrimonio, così come era stata prospettata dalla difesa della moglie ai sensi dell’art.122 cc 3° co. n.1 ma come “errore “ sulle qualità personali dell’altro coniuge così come è previsto dal 2° comma del già citato articolo 122 cc.
La distinzione non è di poco conto e non è nemmeno un cavillo da azzeccarbugli…
L’aver posto l’accento sul concetto di errore sulle qualità personali del coniuge a proposito di omosessualità, il Tribunale di Milano non nuovo ad aperture ed interpretazioni originali, ha di fatto introdotto il concetto di “identità sessuale” ai fini dell’individuazione dell’ “ errore” sul consenso.
L’omosessualità quindi non è una malattia fisica o psichica o, peggio, una anomalia o deviazione sessuale ( il “vizietto”…) ma rappresenta un errore sulla identità sessuale del coniuge al punto da legittimare la richiesta di annullamento del matrimonio civile.
La giurisprudenza “ambrosiana” ,ancora una volta, dimostra che “il re è nudo” laddove sgombra il campo in modo netto e puntuale sul concetto di omosessualità devianza e/o malattia “sposando” ( per ora…) il concetto già espresso da Proust, secondo cui “Non c’erano anormali quando l’omosessualità era la norma”…
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