Una delle principali attività dell’Inps consiste nel garantire copertura economica al ricorrere di eventi che costringono il dipendente ad assentarsi dal lavoro senza, pertanto, ricevere alcuna retribuzione dal datore di lavoro: una di queste situazioni è il congedo parentale, che nel 2024 vede alcune novità.
Tra le assenze meritevoli di tutela, previa apposita domanda trasmessa all’Istituto, figurano i periodi di congedo parentale, disciplinati dal Decreto legislativo 26 marzo 2001 numero 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”.
La normativa in parola, per quanto riguarda l’ammontare dell’indennità Inps spettante ai lavoratori beneficiari, è stata oggetto di modifiche sia ad opera della Legge di bilancio 2023 che di quella prevista per l’anno corrente.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Indice
Congedo parentale a carico Inps
L’articolo 34 del Decreto legislativo 26 marzo 2001 numero 151 “Trattamento economico e normativo” prevede per i periodi di congedo parentale, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità a carico Inps pari al 30% della retribuzione.
Un mese all’80% della retribuzione
A seguito di quanto disposto dalla Legge 29 dicembre 2022 numero 197, articolo 1, comma 359, la citata percentuale è elevata all’80% della retribuzione, in alternativa tra i genitori:
- per la durata massima di un mese;
- pino al sesto anno di vita del bambino.
La stessa Legge numero 197/2022 ha disposto che il mese di congedo con indennità pari all’80% della retribuzione si “applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità di cui rispettivamente al capo III e al capo IV del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 successivamente al 31 dicembre 2022” (articolo 1, comma 359, secondo periodo).
Ulteriori periodi al 30% della retribuzione
Sempre l’articolo 34 citato prevede il diritto dei genitori, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione.
Nel caso in cui vi sia “un solo genitore, allo stesso spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi” (articolo 34, comma 1, terzo periodo).
Resta l’indennità al 30% di congedo parentale
Altri periodi di congedo ma soggetti a condizioni reddituali
Sempre fino al dodicesimo anno di vita del bambino, per i periodi di congedo ulteriori rispetto a quanto appena descritto, spetta l’indennità a carico dell’Inps pari al 30% della retribuzione, a patto che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
Da notare che il concetto di reddito individuale è da intendersi secondo gli stessi criteri previsti per l’integrazione al minimo. Di conseguenza il reddito da considerare è quello assoggettabile all’Irpef, esclusa l’indennità per congedo parentale, percepito dal genitore richiedente nell’anno in cui inizia la prestazione o la frazione di essa.
Sono invece esclusi dal computo del reddito:
- i trattamenti di fine rapporto comunque denominati;
- il reddito della casa di abitazione;
- i redditi derivanti da competenze arretrate soggette a tassazione separata;
- i redditi già tassati per intero alla fonte;
- i redditi esenti.
Si precisa che in sede di trasmissione della domanda di congedo all’Inps l’interessato deve dichiarare il reddito individuale presunto per l’anno di riferimento (anno in corso), salvo eventuali conguagli una volta trasmessa la dichiarazione dei redditi, contenente l’ammontare definitivo dei redditi del periodo d’imposta interessato.
Tabella riepilogativa
Per meglio comprendere quanto descritto in merito nei paragrafi precedenti ecco una tabella riepilogativa.
Congedo parentale: le novità in Manovra 2024
L’articolo 1, comma 179 della Manovra 2024 interviene sull’articolo 34, comma 1, primo periodo. Nello specifico si prevede che l’indennità Inps è riconosciuta, in alternativa tra i genitori:
- per la durata massima complessiva di due mesi;
- fino al sesto anno di vita del bambino (ovvero entro sei anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento);
anziché al 30% della retribuzione in misura pari a:
- 80% della retribuzione nel limite massimo di un mese;
- 60% della retribuzione nel limite massimo di un ulteriore mese.
Quest’ultima percentuale è eccezionalmente elevata all’80% della retribuzione per il solo anno 2024.
L’articolo 34, comma 1, come modificato dall’ultima Legge di bilancio opera, tuttavia, per i soli lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità, di cui rispettivamente al capo III e al capo IV del D.Lgs. numero 151/2001, successivamente al 31 dicembre 2023.
Come previsto dall’Inps nella Circolare del 5 gennaio 2024 numero 4 con “specifica successiva circolare saranno trattati gli aspetti connessi alla portata e agli effetti della nuova misura dell’indennità e verranno fornite le relative istruzioni operative”.
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Come viene pagata l’indennità Inps?
Eccezion fatta per le ipotesi (residuali) di liquidazione dell’indennità per congedo parentale da parte dell’Inps direttamente al lavoratore beneficiario, le somme in parola vengono di norma anticipate in busta paga da parte del datore di lavoro. Quest’ultimo si preoccupa poi di recuperare gli importi conto Inps rispetto alle somme a debito da versare all’Istituto con modello F24.
Il calcolo dell’indennità Inps
L’indennità a carico dell’Inps è pari, per il 2024, al 30% / 80% della retribuzione media globale giornaliera (RMG) moltiplicata per il numero di giornate indennizzabili comprese nel periodo di congedo.
La RMG è quella percepita nel periodo di paga quadri-settimanale o mensile scaduto e immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo parentale.
Sono indennizzabili dall’Inps tutte le giornate comprese nel periodo di assenza, eccezion fatta per:
- festività e domeniche, nel caso degli operai;
- festività cadenti di domenica, per gli impiegati.
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