Giova ricordare cosa dispone la normativa italiana in materia di diritto d’ autore.
Una delle prime è stato l’ art. 171-ter, comma 1, lettera b), della legge n. 633 del 1941.
Con tale norma, il legislatore voleva impedire la riproduzione abusiva di opere tutelate dal diritto medesimo prevedendo 3 ipotesi di reato.
Il primo contenute nel 1 comma punite con la reclusione da 3 mesi a 3 anni e con la multa da lire 500 mila a 6 milioni di lire, sanzionavano il comportamento di chi:
a) abusivamente duplica o riproduce a fini di lucro con qualsiasi procedimento opere destinate al circuito cinematografico o televisivo, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fotogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento
b) “pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, pone in commercio, concede in noleggio o comunque in uso a qualunque titolo a fine di lucro, detiene per usi anzidetti, introduce a fini di lucro nel territorio dello Stato, proietta in pubblico o trasmette per mezzo della televisione le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alla lettera”.
c) “vende o noleggia video cassette, musicassette od altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnati dalla Societa’ italiana degli autori ed editori ( S.I.A.E.) ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione”.
Il 2 comma disponeva la pena non inferiore a 6 mesi e la multa a lire un milione se il fatto era di rilevante gravità.
Infine, il 3 comma, comportava la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani ed in uno o più periodici specializzati.
Successivamente, con l’ emanazione del D.Lgs. n. 204/1996 venne inserito il comma 3 bis secondo cui: “Gli importi derivanti dall’ applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dai commi 1 e 2 sono versati all’ Ente nazionale di previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici”.
Un nuovo assetto normativo si ebbe con la legge n. 248 del 2000, che introdusse 6 articoli.
L’ art 14 sostituì integralmente l’ art 171-ter apportando 5 commi.
Ai fini della nostra trattazione si commenta il primo comma.
Il primo comma è diviso in 6 lettere ognuna del quale prevede diversi ipotesi di reato e diversi oggetti di tutela.
La prima ipotesi di reato contenuta nella lett. a) del primo comma dell’ art. 171 ter è diretta a tutelare le opere d’ ingegno destinati al circuito televisivo cinematografico della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento;
La seconda ipotesi contenuta nella lett. b) tutela le opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati”.
Nella lettera c) del primo comma, dell’ art.171- ter sanziona penalmente chi pur non avendo concorso all’ attività indicate alle lett. A e b tuttavia introduce le suddette duplicazioni o riproduzioni abusive nel territorio dello Stato oppure le detiene per la vendita o la distribuzione, le distribuisce, le pone in commercio, le concede in noleggio o comunque le cede a qualsiasi titolo, le proietta in pubblico, le trasmette a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, le trasmeette a mezzo della radio o infine le fa ascoltare in pubblico.
Nella lett d) si punisce comportamenti di natura commerciale, quali per violazione delle norme sull’ apposizione del contrassegno della SIAE.
La lettera e) punisce comportamenti che possono arrecare un danno alle aziende fornitrici di un servizio televisivo criptato, attraverso la diffusione o ritrasmissione del servizio, in mancanza di un accordo specidico.
Nella lettera f) punisce le attività prodromiche all’ utilizzazione illecita di un servizio criptato.
Di recente, L’ art. 26 del D.Lgs. n. 68 del 2003 ha apportato delle modificazioni al primo comma attraverso una nuova formulazione della lett. d) e con l’ aggiunta della lettera f- bis) e h).
La lett. d) punisce chi: “detiene per la vendita o la distribuzione pone in commercio vende noleggia cede a qualsisi titolo proietta in pubblioco, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsisi procedimento, videocassette musicassette qualsisi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta ai sensi della presente legge l’ apposizione di contrassegno da parte della SIAE, privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato”.
La lettera f-bis) punisce la condotta di chi fabbrica importa distribuisce vende noleggia cede a qualsiasi titolo pubblicizza per la vendita o il noleggio o detiene per scopi commerciali attrezzature prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’ uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’ art. 102- quater…”
Infine, con la lettera h) si prevedono nuove sanzioni penali nei confronti di chi abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche di cui all’ art. 102- quinquies.
Tanto premesso, nel caso di specie il convenuto impugnava la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, e rifacendosi alla sentenza Schwibbert della Corte di giustizia europea poneva in rilievo che: “ in assenza di una preventiva procedura di notificazione da parte del singolo Stato alla competente Commissione dell’Unione europea, non è opponibile neppure ai singoli cittadini la norma o regola tecnica che impone l’apposizione del predetto bollino sui supporti ove sono riprodotte opere di arti figurative; poiché lo Stato italiano provvedeva al perfezionamento di detta procedura solo il 21 aprile 2009, per i fatti precedenti a tale data, fra i quali vi sono quelli di causa accertati in data 6 dicembre 2007, la prova della abusività della duplicazione non poteva essere desunta, come invece fatto dai giudici del merito, solamente dalla mancanza della stampiglia del predetto bollino”.
Quale secondo motivo lamentava violazione dell’art. 171-ter, comma 1, lettera b), della legge n. 633 del 1941, e il mancato godimento del beneficio dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., in relazione alla tenuità del fatto.
Sulla questione, la Cassazione con sentenza del 2 dicembre 2015, n. 47590 ebbe modo di precisare che l’ obbligo dell’ apposizione del contrassegno non è stato introdotto dal legislatore nazionale anteriormente alla data del 31 marzo 1983, coincidente con la data di entrata in vigore della direttiva 83/189/CE, ovvero che, solo se introdotto successivamente, è stato, in adempimento di detta direttiva, previamente comunicato dallo Stato italiano alla Commissione dell’Unione Europea (Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2008, n. 21579).
Segue. “Ciò posto, nel caso delle opere soggette a contratto di edizione, quali sono le opere che si sostanziano in un libro stampato, già l’art. 123 del testo originario della legge n. 633 del 1941 prevedeva che gli esemplari dell’opera dovessero essere contrassegnati in conformità con quanto stabilito dal regolamento di attuazione della legge sopraindicata; a sua volta siffatto regolamento, si tratta del regio decreto n. 1369 del 1942, prevedeva, all’art. 12 che il contrassegno de quo fosse apposto (…) a mezzo della SIAE, salvo che l’autore non vi avesse provveduto direttamente, contrassegnando ciascun esemplare con la propria firma autografa. La ampia preesistenza, pertanto, dell’obbligo di apposizione della cosiddetta bollinatura SIAE sulle edizioni cartacee, rispetto alla entrata in vigore della direttiva comunitaria (direttiva 83/189/CE), rende irrilevante nel caso che ora interessa la mancata notificazione alla competente Commissione dell’Unione europea della prescrizione tecnica vigente nello Stato italiano avente ad oggetto i soli supporti digitali ed esclusivamente in relazione alla quale è applicabile la disciplina ricavabile dalla decisione assunta dalla Corte europea di giustizia riguardo al caso Schwibbert”.
Pertanto il ricorso è inammissibile sia per il primo motivo che per il secondo per la sussistenza dell’ elemento soggettivo del reato.
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