Molti candidati, effettivamente, si sono rivolti al sindacato per riceve assistenza legale in merito; l’accusa principale che viene mossa è quella di arbitrarietà e irragionevolezza della prova concorsuale, così come è stata ideata e messa in atto dal ministro, rispetto ad un testo unico, articolo 400 del decreto legislativo n. 297/94, che ha permesso la pubblicazione del bando di concorso, dopo vent’anni, ma che ne dovrebbe, anche, regolare ciascuna fase.
Il test, va ricordato però, che non può essere annoverato fra le prove scritte previste dal comma 3, dal momento che non consiste nella trattazione articolata di argomenti culturali e professionali di cui al comma 6. Questo, fra l’altro, era palese sin da subito quando le note del Miur avevano spiegato come l’esito della prova preselettiva non avrebbe concorso in alcun modo a costituire una parte del voto finale del candidato. Il voto finale, infatti, altro non è se non la somma dei risultati della prova scritta, dell’orale e della valutazione dei titoli presentati in fase di iscrizione.
L’elemento di maggior confusione però proviene proprio da quel 35/50 che viene ravvisato come un obiettivo troppo alto; se è vero che la soglia per misurare le competenze dei concorrenti, tanto agli scritti quanto agli orali, è espressa in 7/10 ai sensi del comma 10, ad ogni modo, è stabilito in 6/10 il limite sotto al quale è precluso il passaggio da una prova all’ altra, ai sensi del comma 11, casistica che, evidentemente, è applicabile nello specifico al test preselettivo che però è strutturato come le prove precedenti del concorso, ossia su base 7/10.
Quindi, dopo la richiesta di ammissione con riserva – ritenuta legittima dal Tar – dei laureati degli ultimi dieci anni e dei docenti di ruolo, saranno i giudici a stabilire quali concorrenti avranno facoltà di essere ammessi a scritti e orali. Entro la prima settimana di febbraio, verrà reso noto se i candidati che hanno ricorso al Tar Lazio con l’Anief saranno ammessi con riserva alle prove scritte previste per metà mese.
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