Le novità portate dalla scienza e dalla tecnologia cancellano e contemporaneamente creano oggetti, abitudini, mestieri, modi di gestire processi, posti di lavoro, interi settori produttivi. Acquisire le competenze per stare al passo con i tempi tocca pertanto tutti, non solo i giovani, anche solo per il fatto che l’aspettativa di vita media si è allungata; e non riguarda solo l’ambito professionale, ma tutti gli ambiti della vita.
Non posso essere più d’accordo con Voltarie quando sosteneva che “a chi non vive lo spirito del suo tempo, toccano solo i mali”. Quando le certezze costituite dalle nostre routine e comportamenti automatici sono scalzate e invece che con le reazioni costruttive si guarda al nuovo con sospetto, paura o resistenza, rifugiandoci in un passato idealizzato, credendo che la cosa non ci riguardi o che per noi sia diverso, significa che di fatto stiamo precludendoci da soli opportunità, rischiando di arretrare fino ad essere tagliati fuori prima o poi. All’opposto, mantenersi aperti e curiosi verso il cambiamento, e rivedere le abilità per padroneggiare i mezzi con i quali avviene, significa essere in grado di crearsi occasioni e maggiori possibilità di scelta.
Il tema delle competenze è così centrale che in occasione dell’ultimo World Economic Forum (WEF) sono state elencate le capacità base da possedere nel XXI secolo e ne è emerso che la combinazione vincente è quella tra le cosiddette competenze S.T.E.M legate al pensiero logico-razionale (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) completate da quelle governate dal lato destro del cervello, come la capacità di adattamento, la fantasia e le competenze interpersonali. Mentre gli analisti dibattono la questione se i robot ruberanno i nostri posti di lavoro nei prossimi decenni, resta il fatto che – almeno fino ad ora – le macchine hanno fallito nell’imitazione delle competenze più squisitamente umane come la curiosità, l’immaginazione, il problem solving creativo, il pensiero sistemico, l’empatia, l’ascolto, la costruzione di relazioni, la leadership, la capacità di lavorare in team, solo per citarne alcuni.
Il leader del prossimo decennio dovrà quindi contare su un sapere “a forma di T”, specializzato in almeno un campo, ma arricchito dalla capacità di comprendere e spaziare in una pluralità di ambiti, in grado di fare collegamenti tra più discipline, favorita dalla curiosità, dalla flessibilità e dalla volontà di mettere in sempre in discussione ciò che dato per acquisito. Il successo individuale – e quello delle organizzazioni come sistemi di individui – sembra dipendere quindi sempre meno dalle sole competenze tecniche, e appare invece sempre più legato allo sviluppo delle qualità personali. Senza pretesa di essere esaustiva, ho scelto sette gruppi di competenze che ritengo cruciali per affrontare ed eventualmente anticipare i cambiamenti del nostro tempo.
- Flessibilità, velocità adattiva e problem solving creativo, rapidità di pensiero e intraprendenza per gestire o sviluppare nuovi modi di agire e lavorare, ma anche per superare agilmente situazioni impreviste, compresa la capacità di decidere e agire anche in assenza di supporti tecnologici per evitare la paralisi in caso di malfunzionamenti, oppure per trovare soluzioni e risposte al di là di ciò che è meccanico o basato su algoritmi.
- Capacità di gestire i dati e informazioni e in generale il sovraccarico cognitivo a cui siamo esposti: capacità quindi di scegliere, filtrare, tradurre, interpretare, discernere, valutare, collegare tutto questo per creare significati.
- Pensiero innovativo e immaginazione strategica i nuovi leader dovranno sempre più essere visionari con uno scopo, dovranno possedere una mentalità aperta alla sperimentazione, una visione sistemica e prospettica che consenta loro di immaginare nuove possibilità future, immaginare scenari di agire per realizzarli.
4. Competenze organizzative e realizzative: i ritmi frenetici e la possibilità di lavorare in remoto impongono sempre migliori capacità di organizzazione, programmazione, gestione efficace del tempo e delle priorità, affidabilità, puntualità, capacità di definire obiettivi e piani per produrre risultati di qualità, con risorse e tempi limitati.
- Capacità legate all’intelligenza emotiva, sociale e interculturale: connettersi ad altri in modo profondo e diretto valutando rapidamente le emozioni di coloro che ci circondano, sapere creare rapporti di fiducia e collaborazione costruttiva, sostenere la crescita dei collaboratori, stimolare interazioni e le reazioni, coordinare, coinvolgere e motivare team reali o virtuali, dirimere conflitti.
- Il coraggio e la tenacia, la capacità di agire e rischiare nell’indeterminatezza, di affrontare e le difficoltà e i fallimenti in maniera costruttiva, con curiosità e intelligenza, cercando di coglierne le opportunità. La capacità di rimanere centrati e di perseverare per raggiungere uno scopo anche quando, abituati al tutto subito senza fatica e sofferenza, si sarebbe tentati di lasciare perdere.
- La consapevolezza di sé, del proprio valore come essere umano, dei propri talenti e valori, della propria missione, del proprio sé in rapporto agli altri esseri umani, ma anche di come ci ricarichiamo, dei nostri limiti e di cosa non vogliamo.
Più queste competenze sono sviluppate, migliore sarà l’impatto di ogni individuo nel mondo, maggiori saranno le probabilità di successo. Come fare?
Una strada è quella di allenare una capacità alla volta, per piccoli passi. Quando smettiamo di agire in automatico “perché abbiamo sempre fatto così” e mettiamo la consapevolezza nei nostri comportamenti quotidiani mettendoli in discussione, possiamo andare molto lontano. La buona notizia è che queste capacità sono trasferibili da un ambito all’altro e possiamo cominciare ad allenarle dove è più facile per noi, ponendoci piccole sfide nel quotidiano. Ma di questo tratterò un’altra volta.
Quali altre saranno le competenze del futuro secondo te?
Quali hai già sviluppato?
Quali hai bisogno di sviluppare di più?
Quale comincerai ad allenare fin da ora?
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