La norma di riferimento è l’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori che detta le regole per un colloquio corretto.
“È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”
Dal tenore letterale della norma si desume che al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, devono interessare solo quelle informazioni che attengono alla formazione accademica del candidato o ancora le sue capacità con riferimento alla mansione per la quale dovrà essere assunto. Queste capacità possono essere valutate anche attraverso dei test psico-attitudinali e sempre nel rispetto delle norme sulla privacy. Non è neppure ammesso acquisire informazioni su eventuali carichi pendenti con la giustizia: infatti per il nostro ordinamento nessuno può essere considerato colpevole finché non c’è una condanna definitiva (art. 27 Cost.).
E, ancora, durante il colloquio deve essere garantita la parità di trattamento al di là della religione, delle convinzioni politiche, dell’età, della razza…
Viste le modalità corrette con cui un colloquio deve svolgersi,non sempre si ha la certezza di essere assunti.
Ma se la mancata assunzione avviene per motivi discriminatori (religione, convinzione politiche, età…), il candidato che può fare?
Ha il diritto di segnalare l’azienda all’autorità competente. Chi esclude una persona per un motivo che non riguarda le sua idoneità al lavoro commette un illecito amministrativo ed è punibile con una sanzione che va dai 5.000 ai 10.000 euro.
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