Tale clausola, come noto, limita l’operatività della garanzia assicurativa a quelle richieste di risarcimento che l’assicurato abbia ricevuto per la prima volta durante la vigenza temporale della polizza e purché quel claim si riferisca ad un evento occorso nel medesimo arco temporale, ovvero, in alcuni determinati casi, anche in data antecedente l’inizio della decorrenza dello stesso contratto assicurativo (il c.d. periodo di retroattività che generalmente è limitato a 5-10 anni).
I Giudici di Legittimità hanno ammesso l’efficacia e la legittimità, anche in termini di buona fede, della clausola claims made chiarendo nuovamente che tale clausola non introduce una limitazione della responsabilità in favore dell’assicuratore, ma stabilisce quali sinistri possano o meno essere indennizzati.
Il richiamo all’art. 1917 c.c., che si riferisce all’evento e non alla richiesta di risarcimento, ha commentato la suprema Corte, potrebbe determinare la nullità della clausola atteso che essa “…non rientra nella fattispecie tipica prevista dall’art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 c.c., giacché, dal suindicato art. 1917, l’art. 1932 cod. civ. prevede l’inderogabilità – se non in senso più favorevole all’assicurato – del terzo e del quarto comma, ma non anche del primo, in base al quale l’assicuratore assume l’obbligo di tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in conseguenza di tutti i fatti (o sinistri) accaduti durante il tempo dell’assicurazione di cui il medesimo deve rispondere civilmente, per i quali la connessa richiesta di risarcimento del danno da parte del danneggiato sia fatta in un momento anche successivo al tempo di efficacia del contratto, e non solo nel periodo di “efficacia cronologica” del medesimo, come si desume da una interpretazione sistematica che tenga conto anche del tenore degli artt. 1917, 1913 e 1914 cod. civ., i quali individuano l’insorgenza della responsabilità civile nel fatto accaduto”.
Sulla natura ed efficacia giuridica della clausola claims made illuminante la pronunzia della Suprema Corte del febbraio 2014 (Cass., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622).
La terza Sezione della S.C. ha trattato la questione riguardante la natura e l’efficacia giuridica delle clausole claims made, con riferimento ad una società immobiliare che ha chiamato in giudizio una studio professionale associato lamentando vari errori e inadempienze nella compilazione delle dichiarazioni IVA relative agli anni 1990-1991, causando una notevole perdita di credito.
I convenuti si sono costituiti in giudizio chiamando in causa la compagnia assicuratrice Zurigo Assicurazioni al fine di essere garantiti.
Il Tribunale di Roma e, successivamente, la Corte d’Appello di Roma (del 31 luglio 2007) hanno accolto la domanda di risarcimento del danno dei ricorrenti, imputando ai dottori commercialisti gli errori contestati e hanno condannato i medesimi al risarcimento dei danni conseguiti.
Zurigo Assicurazioni, sebbene chiamata in manleva, non è stata condannata al pagamento di tale risarcimento poiché l’illecito addebitato all’assicurato risaliva a data anteriore (1990-1991) rispetto al periodo a partire dal quale decorreva l’efficacia della polizza di assicurazione (dal 1994).
La Corte territoriale ha motivato che l’alea coperta da garanzia doveva necessariamente fare riferimento ad un evento futuro e incerto, non rilevando a tal proposito eventi risalenti ad un periodo anteriore. La Corte d’Appello evidenziava come motivazione ulteriore che nella polizza assicurativa non vi era alcuna menzione di deroghe al principio di cui l’art. 1917 c.c.
I professionisti condannati al risarcimento, hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo la piena validità della clausola n. 4 (clausola claims made), volta a garantire all’assicurato la copertura assicurativa per tutto il periodo di validità – efficacia della polizza, estendendo tale effetto anche ai comportamenti illeciti verificatisi prima della stipulazione del contratto.
In particolare, il suddetto ricorso conteneva due motivi: a) violazione degli artt. 1362-1322; b) contraddittorietà e insufficienza della motivazione con la quale la Corte d’Appello aveva disatteso la clausola claims made presente nella polizza assicurativa, dando un’interpretazione della medesima contra legem e disattendendo la volontà delle parti, le quali nel rispetto dell’autonomia contrattuale possono derogare ai tipi negoziali, stipulando contratti atipici nei limiti della meritevolezza di tutela, ai sensi dell’art. 1322 c.c.
La Suprema Corte, ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenziale, ha fornito una lettura diversa della natura giuridica e dell’efficacia delle clausole claims made.
I Giudici di legittimità hanno infatti sostenuto l’efficacia delle clausole claims made, le quali rendono oggetto di risarcimento gli eventi verificatasi in un momento antecedente alla stipula del contratto assicurativo, purché il risarcimento sia chiesto nel periodo coperto da assicurazione.
Secondo la Corte, in un contratto di assicurazione in cui sia presente una clausola claims made è comunque esistente il rischio, il quale sussiste per fatti che l’assicurato abbia commesso in passato ignorandone, di fatto, l’illiceità ovvero l’idoneità a produrre danno, escludendone, pertanto, la liceità quando tali comportamenti siano stati posti in essere con dolo, ovvero con dolo dell’assicurato sia stata inserita la clausola in parola nel contratto di assicurazione.
In proposito la Cassazione ha puntualizzato che tali clausole sono frutto di una precisa scelta dell’assicuratore, che di sua iniziativa inserisce tali clausole nel contratto, nel pieno della consapevolezza circa i rischi che da ciò possono derivare.
Focalizzate le due pronunzie sopra citate, appare doveroso, anche per completezza espositiva, fornire un quadro dell’evoluzione giurisprudenziale sull’argomento.
L’ammissibilità delle clausole claims made è stata, come noto, oggetto di un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza.
Parte della dottrina ha ritenuto tali clausole estranee ai principi che reggono la materia dei contratti, considerando le medesime nulle ex art. 1917 c.c.
Questa tesi è stata sostenuta considerando che l’art. 1895 c.c. prevede la nullità di un contratto qualora il rischio non sia mai esistito o sia cessato di esistere prima della conclusione del contratto. Leggendo, dunque, l’art. 1917 c.c. in combinato disposto con l’art. 1895 c.c. tali clausole sono state ritenute nulle poiché fondano la loro esistenza proprio su un evento anteriore, ma la cui pretesa risarcitoria avviene durante il periodo coperto da assicurazione.
A sostegno di tale tesi si è schierata parte della dottrina (anche recente, cfr. Locasciulli: Ancora in tema di clausola claims made: due pronuce a confronto, in Dir. ed Eco. Assicurazione, 2010).
Altri autori, invece, si sono schierati per una interpretazione opposta , considerando che l’alea non la si ravvisa nel fatto illecito commesso dall’assicurato, ma nella richiesta risarcitoria del danneggiato. Tale tesi pone l’accento sul verificarsi dell’effettivo danno nel patrimonio dell’assicurato, il quale si concretizza solo nel momento in cui la vittima decide di azionare la pretesa risarcitoria, quale chiara conseguenza di un fatto illecito precedente alla stipula del contratto. A sostegno di ciò si rileva che l’aspettativa di garanzia che vanta l’assicurato si estende anche ad eventi anteriori al contratto di assicurazione, il cui effetto lesivo, purché non doloso, si sia prodotto in costanza di efficacia e validità della polizza.
Parte della dottrina, ancora, si è mostrata favorevole all’inserimento delle clausole in questione nel sistema contrattuale, in quanto accolgono i mutamenti della responsabilità civile.
Significativo è stato un intervento della Suprema Corte (Cass., 15 marzo 2005 n. 5624) secondo cui le clausole claims made non sono nulle attesa la libertà e l’autonomia contrattuale delle parti recitata dal codice ex art. 1322.
La Cassazione ha, dunque, definito il contratto di assicurazione che contiene una clausola claims made come contratto atipico.
Chiarita la validità di tali clausole, i Giudici di legittimità hanno analizzato la possibile vessatorietà delle stesse, la quale dovrà essere valutata dal Giudice di merito nel caso concreto.
La giurisprudenza di legittimità, dunque, (Cass., 22 marzo 2013, n. 7273; Cass. 15 marzo 2005 n. 5624), richiamata anche dalla sentenza qui in commento, conferma il suo orientamento, allo stato da ritenersi consolidato, secondo il quale “la clausola cosiddetta “a richiesta fatta”, se inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, in virtù della quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula, a condizione che la richiesta di risarcimento da parte del danneggiato sia pervenuta durante il periodo di validità del contratto, è pienamente valida ed efficace, rendendo il giudice protagonista di una valutazione nel merito per verificare se quella clausola è vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c.”.
Ed ancora: “la clausola claims made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell’assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all’alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell’assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono essere coperti da assicurazione comportamenti dell’assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall’assicurato nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto”.
Possono, pertanto, essere coperti da assicurazione i comportamenti dell’assicurato antecedenti alla data di conclusione del contratto. Ciò che rileva è quando la vittima decide di azionare la pretesa risarcitoria. Pretesa che deve essere richiesta durante il periodo di validità e di efficacia del contratto assicurativo.
In conclusione, mentre la validità delle clausole, nella giurisprudenza di legittimità, ormai è chiara, non è ancora stata risolta la questione della vessatorietà. Tale valutazione andrà fatta caso per caso, così come indicato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 7273/2013).
Rimane aperto anche il tema dei c.d. “fatti noti” e la conseguente eccezione di inoperatività sovente abusata dal nuovo assicuratore con polizza claims made per fatti occorsi in periodo di retroattività.
La questione “bona fides” sotto tale profilo sembra essere ancora in gioco
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