Indubbiamente, con il riconoscimento della cittadinanza europea, il processo di costruzione ha ricevuto un nuovo impulso attraverso il rafforzamento della coscienza, da parte dei singoli cittadini degli Stati membri, di appartenere non soltanto ad una nazione, ma anche ad una comunità più vasta. La cittadinanza è stata intesa, principalmente, come strumento di integrazione comunitaria e veicolo di rafforzamento di una comune identità: essa ha così acquisito un significato simbolico, fondando la premessa per la progressiva affermazione di una coscienza europea piuttosto che rappresentare il risultato di un sentimento già interamente condiviso.
Ai sensi dell’art. 20 TFUE, ex art. 17 TCE, “è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima”. La cittadinanza europea è, dunque, strutturata come status complementare alla cittadinanza nazionale: si è cittadini europei in quanto si è cittadini nazionali.
Tuttavia, ancora oggi, sono molti i cittadini europei a non sapere che fra i diritti che la cittadinanza dell’Unione riconosce vi è quello alla protezione diplomatica e consolare nei paesi terzi da parte delle autorità competenti degli Stati membri, diversi da quello di appartenenza. Infatti, con l’entrata in vigore del trattato di Maastricht, “Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato” (art. 20 TCE, ora art. 23 TFUE).
Va evidenziato che, rispetto al diritto internazionale classico – in virtù del quale la protezione diplomatica e consolare viene fornita dallo Stato di appartenenza del cittadino – il diritto previsto a livello europeo presenta alcune peculiarità.
Nel diritto internazionale, infatti, la protezione diplomatica è una competenza discrezionale dello Stato, libero di esercitarla o meno, nel senso che lo Stato di origine si impegna a proteggere i propri cittadini allorquando, a seguito di una violazione del diritto internazionale, questi hanno subito un danno da parte del paese ospitante: in questo caso, lo Stato di origine agisce in nome proprio, come se fosse stato direttamente danneggiato.
Invece, il diritto dell’UE permette ad ogni cittadino europeo di essere protetto da qualsiasi Stato membro, nel caso in cui lo Stato membro di origine non sia rappresentato nello Stato terzo. Pertanto, ogni cittadino europeo che si trovi all’estero, qualora non possa ricevere adeguata tutela da parte del proprio Stato nazionale, ha il diritto di chiedere assistenza al consolato o all’ambasciata di altri Stati membri dell’Unione Europea.
Si tratta, nel caso di specie, non solo di una protezione sussidiaria, in quanto interviene solo qualora lo Stato membro di origine del soggetto non abbia una sede diplomatica o consolare nel paese terzo, ma anche di una protezione mediata, in quanto la tutela non è offerta da organi dell’Unione, ma dalla rappresentanza diplomatico-consolare di uno Stato membro. Il diritto alla protezione diplomatica e consolare appare, in effetti, come l’unico attributo specifico, realmente innovativo rispetto agli altri diritti speciali consacrati nei trattati, tutelato anche dall’art. 46 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La “rinascita” di questo diritto, voluta dalla Commissione Europea, è indubbiamente significativa, atteso l’impatto mediatico delle recenti situazioni d’emergenza, legate alle conseguenze del terremoto in Giappone e alle crisi politiche dovute alle “rivoluzioni mediterranee”, che stanno coinvolgendo sempre più paesi come Egitto, Tunisia, Siria, Yemen, Bahrein e Libia.
Ebbene, in tutti questi casi, gli Stati membri hanno l’obbligo, nell’evacuare un determinato paese, di aiutare tutti i cittadini dell’Unione, indipendentemente dalla loro cittadinanza originaria. Tali crisi, infatti, hanno coinvolto un considerevole numero di cittadini europei nei paesi terzi, testimoniando l’urgenza di una protezione svincolata dalla nazionalità di origine del singolo cittadino europeo.
Facciamo alcuni esempi: quando è scoppiata la crisi libica, erano ben 6 mila i cittadini dell’Unione europea presenti nel paese, ma solamente 8 gli Stati membri rappresentati da una sede diplomatica o consolare che hanno rilasciato documenti di viaggio provvisori ai cittadini europei e assicurato l’evacuazione aerea dei cittadini di altri paesi dell’Unione. Nel Bahrain, invece, sono solo 4 gli Stati europei rappresentati. In Giappone, poi, dove né Malta né Cipro – nuovi membri dell’Unione europea dal 1 maggio 2004 – hanno una propria rappresentanza, la Germania ha aiutato ad evacuare dalla città di Sendai oltre ai propri cittadini almeno 18 cittadini di altri paesi dell’Unione.
Con la recente comunicazione la Commissione europea ha voluto individuare interventi concreti per far conoscere meglio i diritti della cittadinanza europea proponendosi, dal prossimo anno, misure di coordinamento per agevolare la tutela consolare in situazioni ordinarie. Alla tutela consolare è stato dedicato anche un apposito sito, con i recapiti delle rappresentanze diplomatiche o consolari nei paesi terzi e rubriche informative, messe a disposizione di chi viaggia da tutti gli Stati membri.
Sebbene la protezione comprenda l’assistenza in caso di: decesso, incidenti o malattie gravi, arresto o detenzione, vittime che hanno subito violenza, aiuto e rimpatrio dei cittadini dell’UE in difficoltà, non va dimenticato che il diritto alla tutela consolare è un diritto chiave della cittadinanza europea che, indubbiamente fondamentale durante le crisi, copre anche situazioni quotidiane ordinarie, come ad esempio lo smarrimento o il furto del passaporto.
Tuttavia, dall’esame delle legislazioni e delle prassi dei vari paesi, è emerso che le leggi consolari differiscono da uno Stato membro all’altro e, conseguentemente, il livello di tutela offerto può variare a seconda dello Stato a cui ci si rivolge. In alcuni casi, queste differenze potrebbero anche ridurre la protezione fornita ai cittadini UE che si trovano in difficoltà in paesi extra UE. Per questo, nei prossimi 12 mesi, la Commissione presenterà proposte di legge volte a garantire maggiore certezza giuridica sull’ambito di applicazione, sulle condizioni e le procedure di tutela, nonché per stabilire misure di coordinamento e cooperazione tese a facilitare la tutela consolare in situazioni ordinarie, a beneficio dei cittadini UE non rappresentati.
In particolar modo, poi, la Commissione ha incoraggiato gli Stati membri ad includere una clausola di consenso nei futuri accordi bilaterali con paesi terzi: si tratta di una clausola che prevede l’accordo, da parte di un terzo Stato, che le autorità consolari e diplomatiche di uno Stato membro rappresentato possano prevedere la protezione ai nazionali di Stati membri non rappresentati, alle stesse condizioni dei propri nazionali.
Il diritto di ottenere la protezione consolare da uno Stato membro alle stesse condizioni di quelle riservate ai nazionali di quello Stato membro aggiunge una dimensione esterna al concetto di cittadinanza europea, accrescendo l’idea della solidarietà europea e, soprattutto, l’identità dell’Europa nei paesi terzi.
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